Finalmente l’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia europea.
Aspettavamo da tempo questo provvedimento, arrivato per non aver ottemperato agli obblighi che la stessa Regione Puglia e l’Italia si sono date per risolvere il problema della xylella fastidiosa.
La procedura di infrazione era stata aperta nel 2015 e già allora avevamo spiegato che quella procedura era una manna dal cielo.
Il motivo è semplice:
Finora, da quando è stata aperta la procedura di infrazione, la Regione Puglia e l’Italia hanno cercato di dimostrare di stare facendo l’impossibile per seguire la strada tracciata da loro stesse per contrastare la xylella: sradicamenti e pesticidi.
In diverse occasioni hanno giocato a scarica barile, in altre hanno giocato di sponda, e soprattutto hanno cercato di dimostrare che la colpa della mancata applicazione degli obblighi che loro stessi (Regione e Ministero dell’Agricoltura) si sono dati, è dei cittadini e degli agricoltori.
Colpa dei ricorsi dinanzi al Tar che, sospendendo l’efficacia dei provvedimenti dei dirigenti della Regione Puglia che imponevano di sradicare gli ulivi, ha bloccato in molti casi le estirpazioni.
Colpa della Procura di Lecce che, mettendo sotto indagine i ricercatori dell’Università di Bari e alcuni dirigenti della Regione Puglia e sequestrando tutti gli alberi destinati ad essere sradicati, li ha salvati.
Colpa delle cittadine e dei cittadini che, occupando per mesi le terre, giorno e notte, si sono frapposti tra gli ulivi e le ruspe.
Finora Regione Puglia e Ministero dell’Agricoltura hanno continuato a sostenere dinanzi alla Ue, come unica soluzione per risolvere il problema della xylella:
Una serie di ricorsi negli anni passati, vinti, e diverse azioni di contrasto e di dissenso, hanno impedito di utilizzare come forma di prevenzione il glifosato, il dimetoato e il fosmet, il primo un potente seccatutto cancerogeno e gli altri due altrettanto cancerogeni insetticidi.
Si pensi che dopo appena 15 giorni dalla scoperta (ufficiale) del batterio, la prima soluzione prospettata dalla Regione Puglia, all’epoca governata da Nichi Vendola, fu di inondare il Salento di seccatutto (glifosato) e insetticidi (dimetoato e fosmet), utilizzando gli aerei.
Quindici giorni dopo la (ufficiale) scoperta del batterio, la Giunta presieduta da Nichi Vendola con propria delibera decise che tutta la provincia di Lecce era infetta e che tutti gli ulivi del Salento dovevano essere sradicati. Tutti.
Era il 2013.
Lo so, sembra criminale. E lo fu.
Quelle decisioni furono prese senza alcuna evidenza scientifica.
Questi sono i fatti (raccontati nel libro-inchiesta “Xylella report” – il Tacco d’Italia Editore (2015) , che cita tutti gli atti pubblici e nell’omonimo documentario).
I pugliesi erano all’oscuro di tale disegno suicida perché tutti i giornali ignorarono quell’atto ufficiale della Giunta, fino a che non fu pubblicato da Xylella report.
Il disastro ambientale, economico e sociale di sradicare 11 milioni di ulivi fallì solo per l’immediata reazione dal basso di migliaia di persone, che si riversarono in piazza, a Lecce, definendosi “Il popolo degli ulivi”.
Quel “popolo” s’informò grazie a “Xylella report”, trovando nell’inchiesta giornalistica uno strumento per comprendere i fatti. Quell’inchiesta aveva aperto un “armadio della vergogna” e le cittadine e i cittadini trovarono nell’informazione la forza per dissentire, pacificamente, a delle decisioni ritenute ingiuste.
Altri ricorsi, vinti, hanno obbligato la Regione Puglia e il Ministero ad inserire tra gli insetticidi da utilizzare sugli ulivi, due sostanze usate nell’agricoltura biologica: l’olio essenziale di arancio dolce e le piretrine naturali.
Le ragioni delle aziende biologiche del Salento, che per prime hanno bloccato il primo “Piano Silletti”, ossia il piano del Commissario governativo per l’emergenza xylella, sono state accolte dal Tribunale amministrativo. E’ per questo che oggi, tutti, possono ottemperare all’obbligo di utilizzare gli insetticidi usando solo sostanze naturali.
Ma l’efficacia dello sradicamento degli ulivi per impedire il propagarsi del batterio della xylella non è dimostrata e non lo sarà mai.
Come invece ha efficacemente affermato Elvira Tarsitano, presidente del “Centro esperienza per l’educazione ambientale” dell’Università di Bari e presidente dell’Abap, associazione biologi ambientalisti pugliesi, da sempre critici nei confronti delle strategie di lotta chimica agli insetti e di sradicamento degli ulivi scelte dalla Regione Puglia, “non c’è alcuna evidenza scientifica che a 99 metri gli ulivi siano infetti e che a 101 metri non lo siano”.
Il ragionamento non fa una piega. Vi spiego perché.
La scelta di estirpare ogni forma di vita vegetale nel raggio di 100 metri dalla pianta infetta è basata sull’ipotesi che la sputacchina (l’insetto vettore studiato in Puglia, ma certo non l’unico vettore) sia in grado di percorrere volando e saltando non più di 100 metri.
Dunque, secondo il ragionamento e la soluzione proposta dai ricercatori dell’Università di Bari e accettata dalla Regione Puglia, che l’ha proposta al Ministero e questo alla Ue, se si rade al suolo un’area di 3,3 ettari tutt’intorno all’albero “stiamo apposto”.
Secondo la Regione Puglia, se sradichiamo ogni pianta e albero ed erbe nel raggio di 100 metri dall’albero risultato positivo, eliminiamo ogni fonte di sostentamento per la sputacchina.
Secondo la Regione Puglia, se sradichiamo tutto, la sputacchina, anche se punge qua, in questo punto dove c’è l’albero infetto, di là, più avanti, trova il deserto e muore perché non ha nulla da pungere: questa è la base “scientifica” dell’obbligo di sradicare nel raggio di 100 metri dalla pianta infetta.
Lo so, vi sembra demenziale, ma stiamo davvero parlando di questo.
Questa è la strategia della Regione Puglia.
E’ evidente che la sputacchina non aspetta noi per pungere le piante e poi spostarsi. Dal momento delle analisi fatte per verificare la presenza di xylella al momento dello sradicamento degli alberi, passa così tanto tempo che le sputacchine sono già bell’e che morte, sostituite dai loro nipoti e trisnipoti di settima generazione.
La Corte di giustizia europea, rispondendo ai ricorsi presentati dalla aziende bio ha più di una volta lasciato aperte delle finestre, ribadendo che la strategia dello sradicamento è stata scelta dalla Puglia e che se avessero trovato una strada migliore ed efficace per contrastare il batterio la Ue l’avrebbe presa in considerazione.
Ma la Regione Puglia ha battuto solo la strada dello sradicamento, non ne ha esplorate altre.
Dalle dichiarazioni di Leonardo Di Gioia, assessore all’agricoltura della Regione Puglia e da quelle di Michele Emiliano pronunciate appena ha avuto sentore del deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea, intuiamo che vorranno proseguire nell’intento. Emiliano addirittura chiede “leggi speciali” (sic!) per agire liberamente e sradicare tutto (se mette una bomba sul Salento fa prima).
Era evidente allora e lo è ancor di più oggi che:
Dunque l’allarmismo dei media sul fatto che l’Italia (forse) sarà multata per non aver ottemperato agli obblighi anti-xylella è fuori luogo. Oppure strumentale per una riconversione del settore ad un’olivicoltura intensiva.
La Puglia contribuisce già al pagamento di multe salate alla Ue per non aver bonificato e messo in sicurezza sei discariche, bombe ecologiche che alla xylella fanno un baffo.
DISCARICHE PUGLIESI PER LE QUALI L’ITALIA è STATA CONDANNATA DALLA CORTE EUROPEA DI GIUSTIZIA nel dicembre 2014 e non ancora bonificate (Sentenza ECLI:EU:C:2014:2407):
In base alla sentenza della Corte ognuna di queste discariche incide per 200mila euro sul totale che l’Italia deve pagare per ogni semestre di ritardo nell’adempimento degli obblighi.
I semestri si calcolano a partire da dicembre 2014, data in cui è stata emanata la sentenza; nel giugno 2018 si conclude il settimo semestre di ritardo.
Quindi facendo un rapido calcolo: l’Italia per colpa della Puglia, che non ha bonificato le sei discariche-bombe ecologiche che nuociono per certo alla salute dei pugliesi, ha già pagato otto milioni 400mila euro.
Oltre alle sei discariche pugliesi per cui l’Italia già paga una multa pesante alla Ue, ci sono poi altre cinque discariche per cui l’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia Ue, esattamente come è accaduto per la xylella. Altre bombe ecologiche che per certo nuocciono alla salute dei pugliesi.
Ricapitolando: da una parte, sul fronte discariche, stiamo già pagando multe e altre ne pagheremo per non aver bonificato delle bombe ecologiche che per certo nuocciono alla salute dei pugliesi, dall’altra, sul fronte ambientale, si vogliono usare insetticidi a tappeto che per certo nuocciono alla salute e si vogliono tagliare ulivi che per certo fanno bene ai pugliesi e alle loro tasche, per non rischiare di pagare multe.
Dovrebbe essere il contrario, no?
E la Ue non può imporre norme anticostituzionali.
Ben vengano le multe, dunque.
Nel frattempo, si sarà trovata una strada alternativa e una cura per gli ulivi. Sempre che la Regione Puglia voglia trovarla. E non preferisca invece uccidere gli alberi per uccidere il batterio. Sapendo che è scientificamente provato che non può funzionare.
1 Comment
Mi sembra davvero esemplare questa analisi. Tra l’altro, a Bari c’è una facoltà di Agraria i cui docenti non mi pare si stiano battendo per trovare una via alternativa all’uso indiscriminato di pesticidi, anzi se ne stanno zitti zitti…E intanto muoiono le api, che come tutti sanno, sono le propagatrici di fiori e piante! Mobilitiamoci!