Il documento seguente, firmato da Giorgio Doveri, dottore in Chimica farmaceutica, è frutto di un lungo lavoro del Comitato scientifico multidisciplinare indipendente, composto da circa venti esperti tra cui Marco Nuti, professore emerito di Batteriologia presso l’Istituto Sant’Anna di Pisa. Il gruppo multidisciplinare (ne fanno parte biologi, microbiologi, chimici farmaceutici, agronomi, ingegneri forestali) è nato con l’obiettivo di portare alla luce tutti gli aspetti della questione fitopatologica ambientale pugliese, nell’intento di fare luce anche sulle cause di una o più fitopatologie. Il lavoro è in corso e vuole individuare anche e sopratutto i rimedi e gli interventi efficaci, specifici ed economici, sia in corso, sia in fase di sperimentazione, che possono risanare una grave situazione. Il Comitato apre le porte a chiunque voglia dare un contributo costruttivo e di consapevolezza alla questione, restando a disposizione per ogni chiarimento, critica, proposta, richiesta o adesione.
Dal mese di maggio 2013 sono stati segnalati da diversi agricoltori e tecnici della Regione Puglia casi sempre più frequenti di disseccamenti molto gravi di oliveti, mai riscontrati negli anni precedenti. Si è pertanto resa necessaria una ricerca specifica sulle condizioni interne ed esterne alla pianta malata, al fine di individuare le possibili cause di questa fitopatologia. Si è subito ipotizzato che il sintomo del disseccamento potesse derivare da più concause e su vari livelli.
In tal senso è stato dato alla fitopatologia in questione il nome di Co.Di.R.O., cioè Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo. La situazione ambientale della Puglia è in effetti molto grave: i livelli di agenti fisici dannosi, chimici inquinanti, di incuria e di malcuria dei terreni agricoli sono mediamente elevati su tutto il territorio da tanti anni. In particolare gli ultimi decenni hanno visto un incremento di utilizzo di pesticidi potenzialmente pericolosi per gli effetti di accumulo, per il quale non ci risulta che esistano appropriate analisi del rischio. Ma ci sono anche altri fattori allarmanti, meno evidenti perché operano nel terreno e nelle radici degli olivi.
Un fattore, che potrebbe rivelarsi uno dei più influenti nel disseccamento degli alberi, è la risorsa idrica e la sua progressiva diminuzione nonché salinizzazione. Vari studi comprovano da decenni questo evidente fenomeno, accostandolo sempre ad una annunciata desertificazione del territorio con riduzione drastica anche della sostanza organica. Inoltre, due parametri specifici dell’oliveto pugliese non favoriscono la situazione: le dimensioni degli alberi, ben superiori alla media degli olivi europei sia per età media elevata sia perché molti di essi non vengono potati, e il numero di olivi, circa 65 milioni in tutta la Puglia, di cui circa 11milioni solo nella penisola salentina. Queste e altre caratteristiche confermano che l’olivo è sì un albero molto resistente ma, come tutti gli organismi, esso è vulnerabile agli stravolgimenti dell’ecosistema. Queste condizioni hanno quindi (con)causato il disseccamento degli olivi malati.
Le analisi sulle foglie e nelle radici hanno indicato anche uno squilibrio della flora di microrganismi della pianta, in favore della proliferazione di microrganismi patogeni: in particolare sono stati rinvenuti funghi patogeni tracheomicotici e foliari, batteri patogeni tra cui la Xylella fastidiosa subsp. pauca e l’insetto rodilegno. È presumibile la presenza di nematodi patogeni, da definire con apposito studio. La somma di questi fattori rappresenta un elevato rischio di compromissione delle vie xilematiche della pianta, dalla radice alle foglie. È noto che un ramo compromesso non uccide un albero, ma la compromissione del sistema radicale può metterne a grave rischio la vita.
Gli studi preposti alla individuazione ezio-fitopatologica si sono invece concentrati sulla ricerca di un eventuale microrganismo patogeno, ed in particolare si è supposto che il batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca potesse essere la causa di tutto questo.
In fase diagnostica però si è rilevato che, nella zona cuscinetto, su 41.520 campioni analizzati dei quali 1.538 sintomatici cioè disseccati, il batterio in questione è stato ritrovato in un unico caso (EC, 2016)
Questo risultato mette in discussione l’assioma di un solo fitopatogeno quale unica causa e delle eradicazioni e di un eventuale fitofarmaco universale quali rimedio, rendendo necessari ulteriori studi a più ampio raggio. Esaminiamo in maggior dettaglio quelle che, a nostro avviso, sono le (con)cause dell’indebolimento e del disseccamento degli olivi in Puglia.
In tutto il Salento e nelle zone costiere della Murgia le acque sotterranee circolano su acque salate di intrusione marina. Fino a circa trent’anni fa i pozzi erano solo superficiali, tra i tre ed i dieci metri circa, ma negli ultimi trent’anni sono stati fatti degli interventi per raggiungere le falde più profonde, attraverso la perforazione dello strato roccioso, dove coesistono acqua dolce e acqua salata proveniente dal mare. La coesistenza delle acque dolci con le acque salate è regolata da complesse fenomenologie, innescate principalmente dalla perfetta miscibilità dei due fluidi e dai rapporti intercorrenti tra i carichi idraulici dell’acqua salata e dell’acqua dolce.
Sia la natura carsica dei territori, sia scorretti e costanti interventi antropici tra i quali la realizzazione di innumerevoli pozzi artesiani abusivi e sovrautilizzati in tutta la Puglia, hanno gravemente compromesso l’equilibrio e soprattutto la risorsa idrica del sottosuolo. Molte falde superficiali sono ormai vuote, infatti si parla non più di risorsa bensì di “essudato di falda” perché l’acqua piovana che dovrebbe riempirle va invece a cadere nelle falde profonde. Inoltre, la sovrautilizzazione persistente dei pozzi che prelevano l’acqua dalle falde sotterranee ha portato acqua salata nelle falde superficiali e quindi alle radici delle piante. I rischi dell’inquinamento antropico e della contaminazione salina furono già evidenziati da uno studio di natura geologica (Fidelibus e Tulipano, 2002) in cui l’inizio della desertificazione del territorio pugliese, partendo dalla penisola salentina, avrebbe avuto inizio dopo dieci-dodici anni, come in effetti purtroppo è accaduto. L’Università del Salento ha confermato queste gravi criticità della risorsa idrica con un ampio lavoro (Margiotta e Negri, 2005). Le stesse conclusioni sono state confermate sia dal Centro Salute e Ambiente di Lecce (CSA, 2016) sia dalla Regione Puglia (2018). Varie relazioni scientifiche auspicavano spesso un intervento mirato a risanare questa situazione; purtroppo questi progetti non hanno trovato applicazione fino ad oggi.
È ormai sotto gli occhi di tutti che negli oliveti non ci sono più gli animali di una volta: insetti, api, lucertole e tutta la fauna dell’ecosistema oliveto è spesso completamente assente. Questo è sintomo di un quadro drammaticamente più grave per quello che non è sotto gli occhi di tutti, cioè il sotto terra; la sostanza organica nei terreni è mediamente bassissima e talvolta paragonabile a quella della fascia sub-saheliana: in certe zone è tra 0,8 e 1,3 dove il valore 1 è il valore medio di sostanza organica nel Sahel e 4 è il valore di un buon terreno organico. La biodiversità è sensibilmente diminuita negli ultimi anni e il microbiota del terreno (basti pensare ai simbionti micorrizici) è esposto ormai ad alterazioni (disbiosi), il che può favorire l’esposizione degli olivi alla proliferazione di patogeni e ad una più generale diminuzione della resilienza delle piante. L’andamento del declino della sostanza organica in Italia può essere paragonato a quello degli altri Paesi mediterranei, ma i danni derivati dall’erosione e dalla salinizzazione dei terreni sono superiori rispetto agli altri paesi con conseguente abbassamento della biodiversità e della fertilità dei terreni (Costantini e Lorenzetti, 2013).
I lavori di monitoraggio dell’ARPA in Puglia indicano che questo fenomeno è ampiamente aggravato in questa regione: il parametro ESAs (Environmentally Sensitive Areas), cioè l’indice della sensibilità alla desertificazione di un’area, è mediamente sui livelli di alta criticità in tutto il territorio pugliese, dall’alto Tavoliere al basso Salento, da molti anni
Questa drammatica peculiarità deriva sia da cause naturali a cui la Puglia è particolarmente esposta e vulnerabile per caratteristiche morfologiche e geografiche, sia a fenomeni antropici, dove un’errata quarantennale gestione delle risorse del territorio per le produzioni agricole ha portato questa situazione oltre i limiti di sostenibilità già da oltre un decennio (ARPA, 2010).
La qualità delle risorse idriche, gravemente danneggiata dalla progressiva intrusione salina nelle falde sia sotterranee che superficiali, è stata compromessa, speriamo in modo non irreversibile, dal massiccio utilizzo di pesticidi negli ultimi quarant’anni su tutto il territorio pugliese.
Praticamente tutta la Puglia è considerata “a rischio” dal punto di vista della qualità della risorsa idrica sotterranea: gli inquinanti tra i quali nitrati e prodotti fitosanitari e contaminanti di varia natura sono quasi sempre oltre i limiti; lo stress idrico supera i limiti di utilizzo della risorsa; l’impatto antropico ha reso scadenti le qualità idro-chimiche: nitrati, ferro, manganese, ioni ammonio, conducibilità, cloruri, solfati sono quasi sempre risultati oltre i limiti. Le principali cause di questa condizione sono l’uso ed abuso nel settore agricolo di fertilizzanti azotati, lo smaltimento di reflui zootecnici, la cattiva gestione dei fanghi e dispersioni di reti fognarie, gli impianti di smaltimento (CSA, 2016; Regione Puglia, 2016). In un unico campione sono stati rinvenuti simultaneamente fino a quindici differenti pesticidi (ISDE, 2016).
Gli olivi colpiti dal Co.Di.R.O hanno iniziato a mostrare i sintomi del disseccamento dopo il 2010. In essi sono stati ritrovati vari microrganismi patogeni, sia nel sistema radicale che in quello apicale e fogliare. In particolare sono stati ritrovati:
(i) Funghi: le Università di Foggia, Bari e Firenze ed il servizio fitosanitario della Toscana hanno ricercato e inquadrato i funghi patogeni presenti nelle piante di olivo affette da Co.Di.R.O. È emerso che i principali funghi associati al disseccamento sono Phaeoacremonium aleophilum, Neofusicoccum parvum, Pleurostomophora richardsiae; insieme ad essi sono stati rinvenuti anche Phaeoacremonium alvesii, Ph. parasiticum, Ph. italicum, Ph. sicilianum, Ph. scolyti, Neofusicoccum parvum, Pleurostomophora richardsiae (Carlucci et al., 2013a, 2013b, 2015; ISDE 2016), Verticillium dahliae (Saponari, 2001).
(ii) Il batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo CoDiRO (Regione Puglia, 2014) unica rilevata in Puglia, mentre in altre regioni come la Toscana è presente la subsp. multiplex. I dati della Commissione Europea confermano che la percentuale di Xylella fastidiosa subsp. pauca ritrovata nei campioni, tramite test Elisa o PCR, è inferiore al 2%. Rispetto al precedente monitoraggio del 2017 la percentuale sarebbe addirittura diminuita dal 2,3% all’1,8% (Servizio fitosanitario pugliese, 2018). Si deve tenere di conto anche che un test risulta positivo anche se il batterio è morto seppur presente.
(iii) Zeuzera pyrina: un altro organismo che causa il disseccamento negli olivi è il rodilegno giallo, (Zeuzera pyrina), un insetto appartenente all’Ordine dei Lepidoptera e alla Famiglia Cossidae, polifago che infesta numerose specie arboree di interesse agrario, forestale e ornamentale. I danni sono causati dalle larve che, neonate e ancora gregarie, scavano delle gallerie di modesto diametro all’apice dei rami di uno-due anni e poi, crescendo, perforano rami di maggiore diametro fino a danneggiare le branche e il tronco. Si aggiungono a questi organismi anche i nematodi patogeni (Saponari, 2001), che causano ferite sul sistema radicale, che a loro volta diventano ingresso ai patogeni che causano i ben noti danni di disseccamento di branche, filloptosi e marciumi. Un settore questo, a nostro avviso, poco esplorato.
Le condizioni del sottosuolo pugliese, in particolare del Salento, appaiono oggi estremamente compromesse. I principali fattori sono l’intrusione salina dai mari sia nelle falde sotterranee che in quelle superficiali; la scarsa risorsa idrica dovuta sia ad uno stress idrico che dura da decenni, sia alla precipitazione delle acque superficiali verso quelle sotterranee; l’elevato inquinamento delle acque e dei terreni dovuto al massiccio utilizzo di pesticidi, sia fitofarmaci che biocidi; la scarsa quantità di sostanza organica nei terreni, spesso inferiore a quella del deserto. Queste condizioni hanno causato un grave indebolimento delle piante, di varie specie di alberi e degli olivi in particolare. Essi sono alberi molto forti, ma adesso molti di loro sono crollati di fronte a questa situazione ambientale. L’indebolimento li ha resi recettivi ad avversità biotiche e abiotiche.
Nelle piante malate si trovano spesso microrganismi patogeni come funghi, nematodi nelle radici, e talvolta il batterio Xylella. Anche l’insetto rodilegno ha attaccato molti olivi. Tutto questo ha spesso compromesso anche la morfologia e la funzionalità delle radici che rispondono incrementando la concentrazione di essudati con conseguente aumento dei parassiti, che poi causano altre ferite aumentandone il danno. Si innesca così un esponenziale aumento di ferite, emissioni di essudati e aumento esponenziale dell’esposizione a microrganismi patogeni. Infine sopraggiunge il disseccamento della pianta. Insomma, la causa principale del Co.Di.R.O. è la drammatica condizione del sottosuolo pugliese, seguita dalle altre concause prima esposte, di natura agronomica e non. D’altra parte è noto che la resilienza e le rese delle colture dipendono da fattori climatici (Long e Kettering, 2016), biodiversità e capacità di stimolare le funzioni dell’ecosistema, oltre che da un adeguato sistema informativo degli agricoltori (Lin, 2011; Bullock et al., 2017). Bisogna cercare cioè di potenziare il binomio suolo sano–pianta sana e resiliente (Gaudin, 2018).
Ci sono elementi su cui agire per un giusto approccio di mitigazione degli effetti del Co.Di.R.O. ? Sembrerebbe proprio di sì. Un utilizzo agronomico dell’olivo non avrà le stesse esigenze di un utilizzo non agronomico, ma esistono degli interventi di natura probiotica con sostanze a basso impatto ambientale con i quali sono stati ottenuti risultati promettenti che meritano ulteriori conferme sperimentali
Risulta logico che i principali interventi debbano essere eseguiti sia sul terreno che in chioma. I primi sono in favore delle radici per ristabilire, nel breve-medio termine, il riequilibrio dei parametri idrici ed organici, rivitalizzando il microbioma radicale delle piante, riattivando le interazioni simbiotiche tra apparato radicale dell’olivo e microrganismi, potenziando la capacità di resilienza della pianta e rigenerando il giusto sistema di scambio idrico ed organico tra ambiente esterno ed interno alla pianta. L’utilizzo di consorzi microbici specifici biostimolanti e di biofertilizzanti stanno ottenendo risultati confortanti sui terreni trattati (Masoero et al., 2019; Pergolese, 2018) Questi interventi sono di facile esecuzione, economici ed utilizzabili dagli agricoltori sia attraverso prodotti di basso impatto in commercio, sia attraverso specifiche buone pratiche, sia attraverso la possibilità di preparare essi stessi i prodotti da utilizzare. Gli interventi primari sul terreno possono essere accompagnati da altri interventi specifici sul sistema foliare ed apicale, se sintomatico e aggredito da patogeni: un metodo efficace per diminuire la carica fungina è l’utilizzo di rame, aglio, zolfo e calce, accompagnato da adeguate potature. Alcuni funghi invece attaccano le foglie ma non entrano nel sistema xilematico: in questi casi una potatura del ramo annesso sarebbe inutile. La Xylella fastidiosa agisce dalle foglie ed approcci con prodotti in grado di entrare nel sistema xilematico hanno sensibilmente ridotto la carica batterica con conseguente calo dei sintomi di disseccamento, sia attraverso un composto di zinco, rame ed acido citrico (Scortichini et al., 2018), sia con approccio probiotico attraverso specifici consorzi microbici (Masoero et al. 2019).
A prescindere da questi interventi specifici in favore delle radici, del sottosuolo e del sistema apicale e fogliare, è di vitale importanza un nuovo approccio all’agricoltura che viri dal convenzionale al sostenibile (Sofo et al., 2014).
Per quanto riguarda la salinizzazione delle acque e dei terreni, esistono metodi naturali per desalinizzare le acque, ma sono necessari interventi mirati sia ad un miglior riutilizzo delle acque piovane, sia a fermare il rimescolamento tra le acque di falda sotterranea e quelle di falda superficiale (Pergolese e Pergolese, 2015).
ARPA Puglia (2010), “Suolo” a cura di Mina Lacarbonara (ultima consultazione: 6 maggio 2019)
Bullock J.M. et al. (2017) “Resilience and food security: rethinking an ecological concept”. Journal of Ecology 2017, 105, 880–884
Costantini E.A.C., R. Lorenzetti (2013) Soil degradation processes in the Italian agricultural and forest ecosystems, in Italian Journal of Agronomy 8, p.233 (ultima consultazione: 6 maggio 2019)
CSA, Centro Salute e Ambiente (2016) Monografia “Report Ambiente e Salute in provincia di Lecce” (ultima consultazione: 6 maggio 2019)
European Commission (2016) DG SANTE 2016-8794 (ultima consultazione: 6 maggio 2019)
Fidelibus M., L.Tulipano (2002) “Inquinamento salino ed antropico degli acquiferi costieri della Murgia e del Salento: azioni di salvaguardia”, GEOLOGI e TERRITORIO, Supplemento al n. 1/2004 (ultima consultazione: 6 maggio 2019)
Gaudin A. (2018) “Resilient Cropping Systems for a Sustainable Future” (https://doi.org/10.26320/SCIENTIA23; ultima consultazione: 9 maggio 2019)
Giovannetti G., F. Polo, S. Nutricato, G. Masoero and M. Nuti (2019) “A Holistic Model Can Explain the Symbiotic Mitigation of the Olive Quick Decline Syndrome” (submitted)
ISDE, International Society of Doctors for Environment (2016) Monografia “Rischi derivanti dall’obbligo d’uso di pesticidi per il controllo della Xylella fastidiosa in Puglia”a cura di A. Di Ciaula
Lin B.B. (2011) “Resilience in Agriculture through Crop Diversification: Adaptive Management for Environmental Change”. BioScience 61 No. 3, 183-193
Long E.A., Ketterings Q.M. (2016) “Factors of yield resilience under changing weather evidenced by a 14-year record of corn-hay yield in a 1000-cow dairy farm”. Agron. Sustain. Dev. 36: 16. DOI 10.1007/s13593-016-0349-y
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Pergolese G. e F. Pergolese (2015) Centro studi tecnici per l’energia e l’agricoltura. “Lo stato delle acque irrigue di falda artesiana e freatica nell’area occidentale di Taranto”. Comunicazione personale
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Regione Puglia (2014) “Linee guida per il contenimento della diffusione di Xylella fastidiosa subspecie pauca ceppo CoDiRo”, a cura di A. Percoco, D. Boscia, F.Nigro et al
Regione Puglia (2016) Bilancio idrico irriguo, p.o. fesr 2007-2013 linea di intervento 2.1 – azione 2.1.4 . Relazione finale – vol. 3. Monografia: “Valutazione del bilancio idrico irriguo e proposte di indirizzo”
Regione Puglia (2018) Dipartimento Agricoltura, sviluppo rurale e ambientale, Sezione Risorse Idriche. Monografia “Programma di monitoraggio dei residui dei prodotti fitosanitari nei corpi idrici superficiali e sotterranei pugliesi e definizione delle relative reti di monitoraggio”, versione documento 1.2. A cura di A. Zotti, R. Colucci, D. Pagliarulo et al
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Sofo A., Ciarfaglia A., Scopa A., Camele I., Curci M., Crecchio C., Xiloyannis C., Palese M. (2014), “Soil microbial diversity and activity in a Mediterranean olive orchard using sustainable agricultural practices”, Soil Use and Management 30, 160–167
2 Comments
E’ ovviamente un articolo coerente, che segue i principi metodologici tipici di un approccio scientifico, che evidenzia l’insensatezza, se non la malafede che sottosta al recente atto del senato
Uno studio attento e puntuale del degrado ambientale particolare della Terra pugliese ma generale per le modalità di sfruttamento culturale. Occorre un RestAuro Ambientale Rigenerativo una ECOLE sperimentale per mettere a punto soluzioni che integrano la separazione Uomo-Natura in modo olistico e pratico….. HOLIVIA la farei partire da Valle d”itria che per la sua biodiversitá è gia un esempio rigenerativo