di Marilu Mastrogiovanni
Nel decennale della “scoperta” del batterio Xylella Fastidiosa stanno proliferando, su giornali, film e romanzi, narrazioni “melodrammatiche” che contribuiscono a polarizzare ancora di più l’opinione pubblica, già divisa in fazioni: chi è pro e chi è contro lo sradicamento degli ulivi, ovvero chi è pro e chi è contro la Scienza, con la S maiuscola.
Il comitato “Salviamo gli ulivi del Salento” (è sua la definizione di “narrazioni melodrammatiche”) propone invece una lettura all’insegna della complessità e chiede risposte complesse ad un problema che nel Salento ha investito (travolto) ogni aspetto della vita sociale, economica, politica, familiare e stravolto (annientato) consuetudini che si tramandavano da secoli.
Oggi, purtroppo non è ancora il tempo di risposte all’altezza del problema.
Arriverà (si spera) il tempo di capire e spiegare perché, a chi cercava di fare domande facendo le pulci all’azione politica e amministrativa della Regione Puglia, si dava del complottista.
A chi non voleva sradicare ma curare, del santone, a chi aveva dubbi sull’attendibilità dei risultati delle analisi, del mago. Chi metteva in allerta per l’impatto ambientale delle scelte regionali era accusato di “pensiero magico”, riproponendo una dicotomia vecchia almeno tre secoli, tra pensiero illuminista e pensiero medievale, ovvero modernità versus antichità, ragione versus superstizione. Dove la modernità e il progresso era ovviamente lo sradicamento degli ulivi secolari seguito dal reimpianto di alberi del cultivar “favolosa”, in assetto intensivo o super intensivo.
È così che nell’era post moderna, la Scienza diventa scientismo e i vecchi totem dall’uomo tribale sono rimpiazzati con la Scienza totemica, a cui viene affidato ogni potere soprannaturale e magico, appunto, come fosse un totem.
Dalla Scienza il politico post moderno non si aspetta risposte ma soluzioni e in fretta, più in fretta delle risposte che arrivano dalle provette, perché il batterio avanza e le elezioni pure.
Il linguaggio politico e giornalistico costruisce un immaginario attingendo alle metafore guerresche e cresce l’ansia sociale.
Possibilmente le risposte devono arrivare a tempo di social, per poter postare, tweettare, fare reel, ed entrare nel flusso. Le vuole in fretta per non dover pensare e non pensa infatti, se sia giusto o sbagliato mettere in pratica le soluzioni che ha pensato di trarre dall’avanzamento delle scoperte scientifiche. Anche le soluzioni più suicidarie vengono accettate dall’elettore post moderno perché alle soluzioni estreme dei politici (non della politica, che scompare) ci si affida con fideistica magica fiducia, perché si confida che il premio (e il proprio tornaconto) arriverà dopo aver sacrificato i buoi.
Un sistema di etichettamento sociale che ha anticipato quello a cui abbiamo assistito oppure di cui siamo stati vittime al tempo del Covid19 e oggi al tempo della profetizzata terza guerra mondiale.
L’immaginario guerresco, nuovamente riproposto dai politici e dai giornali, il martellamento mediatico, il rimpallo, l’amplificazione e la distorsione (se non mistificazione o falsificazione) delle notizie sui social: il menù s’è riproposto durante la pandemia e ora durante la guerra per procura tra Russia e Ucraina. Allora, era impossibile sollevare dubbi sulla costituzionalità del Green pass senza correre il rischio di passare per no vax; ora, è impossibile porre dubbi sull’opportunità di inviare armi o criticare l’imperialismo della Nato senza correre il rischio di passare per putiniano.
In ogni caso, la crisi dei saperi esperti (e tra questi ci metto anche il sapere giornalistico) è esplosa in tutta la sua drammaticità: inadeguati tutti, e tutti contro tutti, perdendo il riconoscimento sociale di cui avevano goduto fino a quel momento, sostituito dallo stigma, perché “l’esperto” acquisiva peso sociale solo se disposto a schierarsi, da una parte o dall’altra, rinunciando cioè all’unico valore aggiunto che poteva portare al dibattito: la capacità di sollevare dubbi e proporre analisi, sulla base delle sue competenze e della sua onestà intellettuale.
La Scienza, con la S maiuscola, ha misurato la validità delle diverse posizioni non con i peer review ma con i like e l’audience, e mai attraverso un confronto dialettico ma attraverso la ola dell’audience.
Tornando alla Xylella: chi si è sottratto a questo tritacarne si è visto affibbiare lo stigma sociale, etichettato/a in quanto stregone o strega.
Ma al rogo si sono condannati gli ulivi, e il paesaggio, bene comune, elemento identitario da tutelare secondo la Costituzione.
Nel frattempo la Unione europea ha introdotto il reato di ecocidio e tutti gli Stati membri saranno chiamati ad introdurlo nei loro ordinamenti.
Adesso, anche se purtroppo ex post, possiamo dare un nome al reato di cui si sono macchiati i nostri governanti.
Nella foto: Gallipoli, zona “focolaio”, luglio 2023, gli alberi rifioriti dopo la potatura