Condizioni atmosferiche estreme, individuate come fattori scatenanti la più bassa produttività degli ultimi 25 anni, potrebbero rendere il paese dipendente dalle importazioni, a partire da aprile.
Un calo del 57% della raccolta di olive, ha scatenato le proteste di migliaia di agricoltori italiani che hanno indossato gilet arancioni e manifestato a Roma. Gli ulivi, in tutto il Mediterraneo, sono stati colpiti da eventi anomali che rispecchiano le previsioni sui cambiamenti climatici: piogge irregolari, gelate primaverili, forti venti e siccità estive.
Il Prof. Riccardo Valentini, direttore del Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici ha dichiarato: “Esistono chiari modelli di osservazione che indicano in questi tipi di condizioni meteorologiche estreme i principali motori della (bassa) produttività alimentare”. “Le temperature gelide nel Mediterraneo – ha aggiunto – sono anomale. Fenomeni estremi sono previsti dagli scenari dei cambiamenti climatici”.
Diverse relazioni del gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico (Ipcc) “indicano questi estremi climatici come impattanti per il cambiamento”, ha affermato. “Sappiamo che ci saranno più anomalie in futuro”. Valentini ha aggiunto che condizioni estreme improvvise – riscaldamento o raffreddamento, congelamento o essiccazione – possono danneggiare lo sviluppo delle piante. “Tre o quattro giorni di temperature a 40° in estate o 10 giorni senza pioggia in primavera, sono più impattanti delle medie annue”.
La temperatura media nel Mediterraneo è già aumentata di 1,4° rispetto ai livelli preindustriali – a confronto con una media globale di circa 1° – e le precipitazioni sono diminuite del 2,5%. Negli ultimi 18 mesi, l’Italia ha sperimentato siccità estive, inondazioni autunnali e gelate primaverili.
Gli alberi di ulivo si indeboliscono con questi shock metereologici e diventano più vulnerabili alle epidemie dei batteri di xylella fastidiosa che hanno colpito gli agricoltori italiani e greci, ha detto Valentini. La Coldiretti stima che il costo del crollo dell’olio d’oliva, quest’anno, abbia già raggiunto 1 miliardo di euro. “Il governo ha promesso una soluzione al problema degli olivicoltori, ma non ha destinato risorse” ha affermato il portavoce di Coldiretti, e non c’è “nessun piano per affrontare il cambiamento climatico e sostenere la produzione di olio d’oliva”. “Abbiamo manifestato di fronte al Parlamento e stiamo aspettando le risposte del Governo”. Ma se non accade nulla “potrebbero esserci altre proteste”.
Oltre all’Italia, la Commissione europea ha previsto che i raccolti di olive per il 2018 – 2019 avranno un calo del 20% in Portogallo e del 42% in Grecia. Gli agricoltori greci sono stati devastati da una forte siccità e da piogge torrenziali, che hanno agito come “eventi scatenanti” per le infestazioni di mosca olearia, secondo Valentini. Vasilis Pyrgiotis, presidente del sindacato Copa Cogeca, che riunisce i coltivatori, considera che “il grande problema non è necessariamente la quantità; ma la qualità. La maggior parte dell’olio d’oliva greco è considerato ‘extravergine’, ma non sappiamo per quanto ancora”. L’olio d’oliva deve soddisfare determinati criteri (come i livelli di acidità), prima che possa essere classificato come “extra vergine”, e questi parametri sono influenzati dalle condizioni di crescita. “Il problema quest’anno è stato causato dagli attacchi delle mosche, ma anche dal ‘gloeosporium olivarum fungus’“, ha detto Pyrgiotis. “Le olive, oggi, non sono buone come quelle di una volta. A lungo termine, ci troveremo di fronte alla eventualità che non possano essere considerate come ‘extra vergine’ a causa delle analisi”.
Gli ulivi seguono un modello noto come “alternato”, con annate negative seguite da annate buone. Quest’anno, l’Ue si aspetta che la produzione continentale di olio d’oliva sia salvata da un’impennata del suo più grande produttore, la Spagna.
Secondo Valentini, una tendenza verso le piantagioni super intensive può mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici, ma rappresentare un costo per l’agricoltura e la biodiversità tradizionali. Le piantagioni di ulivi a crescita rapida e ad alta densità potrebbero essere più resistenti alla siccità, ma le risorse idriche potrebbero rivelarsi limitate da queste piantagioni. “Cambierà il paesaggio rurale. Le persone nel sud Italia stanno iniziando a muoversi in questa direzione. Non mi piace, ma capisco che è un adattamento”.
Un portavoce di Met Office ha detto che in futuro gli effetti combinati sull’agricoltura globale di parassiti, malattie e cambiamenti climatici potrebbero essere “potenzialmente devastanti”.
2 Comments
Valentini dice che” le coltivazioni superintnsive potrebbero essere più resistenti alla siccità, ma le risorse idriche potrebbero rivelarsi limitate da queste piantagioni”.
Tradotto in termini più chiari quanto sopra Valentini dice che i “superintensivi” non sono soggetti alla siccità perchè gli ulivi devono essere IRRIGATI QUOTIDIANAMENTE ARTIFICIALMENTE!
Infatti l’FS17 e Cellino hanno bisogno di circa 10 litri di acqua la giorno per albero.
https://www.youtube.com/watch?v=QLeJPDYMgxE
Non date retta al Guardian e` un giornale marxista che dice solo cazzate, come tutti questi “scienziati” pagati dall’unione europea.