Una commissione composta da 20 senatori, scelti dalla Presidente del Senato assicurando la rappresentanza di ciascun gruppo parlamentare, per fare chiarezza sulla diffusione del batterio della Xylella in Puglia. È questa la richiesta presentata dal senatore pentastellato Saverio De Bonis, componente della commissione permanente Agricoltura e produzione agroalimentare, durante la seduta dello scorso 28 giugno.
Il documento di proposta ricostruisce dettagliatamente il fenomeno della presenza della xylella in Puglia e mette in evidenza come “fino al 2013, ufficialmente, il batterio di Xylella fastidiosa non era mai stato ritrovato in Europa. Secondo le fonti ufficiali tale batterio sarebbe arrivato in provincia di Lecce dal Costa Rica (EFSA Journal 2015; 13 (1): 3989), eppure in Italia giungono dal Costa Rica quasi 40 milioni di piante. Visto il numero tanto elevato di importazioni di piante, appare davvero curioso che solo il Salento e solo una porzione di esso (la zona del gallipolino) sia stata colpita dal batterio di Xylella fastidiosa”.
Ancora, la richiesta mette in risalto decisioni e prassi poco chiare portate avanti da amministrazioni ed enti pubblici all’alba di un’emergenza dichiarata ancor prima di diventare tale:
– la dichiarazione, a novembre 2013 dell’assessore all’Agricoltura della Regione Puglia Fabrizio Nardoni: gli ulivi sono da considerarsi tutti infetti, occorre intervenire con irrorazione aerea di fitofarmaci sull’intero Salento, per uccidere i vettori del batterio (incluse le api). Decisione annunciata senza alcuna conoscenza dei risultati dei test sugli ulivi pugliesi: test che, solo sei mesi dopo, accerteranno che gli alberi positivi alla Xylella erano 21;
Così negli anni successivi, i numeri dell’emergenza dichiarata non coincideranno mai con quelli della reale presenza della malattia;
– la decisione di eradicare “come stabilito dalle norme europee e nazionali per l’eradicazione del patogeno (definizione che identifica esclusivamente la rimozione del batterio dalla zona infetta e non l’estirpazione della pianta) al fine di evitare l’ulteriore diffusione sul territorio nazionale”;
– la presa di posizione sull’essiccamento, identificato con l’acronimo CoDiRO in seguito all’identificazione di diversi patogeni coinvolti nell’eziologia della malattia e non solo, dunque, del batterio Xylella.
C’è poi, da parte dei firmatari, la volontà di fare luce su alcune questioni controverse riguardanti l’uso di insetticidi disposto nell’ultimo decreto approvato (quello del 13 febbraio 2018) recante: «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella fastidiosa (Well et al.) nel territorio della Repubblica italiana» (il c.d. “decreto Martina”).
In particolare, il decreto Martina inserisce l’obbligo dell’utilizzo dei pesticidi (articolo 11 comma 2, lettera b) laddove scrive che «nel periodo compreso tra il mese di maggio e il mese di dicembre, è obbligatorio eseguire sulle piante ospiti coltivate tutti gli interventi insetticidi, così come stabilito dal Servizio fitosanitario regionale competente».
“Inoltre – spiega la proposta dei senatori pentastellati- tra le sostanze elencate nel decreto Martina (allegato IV) la mera presenza dell’Imidacloprid, un insetticida sistemico che fa capo alla classe dei cloronicotinici neonicotinoidi, ha mandato in allarme associazioni di coltivatori biologici, degli apicoltori e non solo: gli effetti dei neonicotinoidi sull’uomo (per contatto, inalazione o ingestione) devono essere ancora compiutamente chiariti, ma sono stati pubblicati ampi studi su caso-controllo che descrivono associazioni significative tra esposizione prolungata a neonicotinoidi e il rischio di alterazioni neurologiche e dello sviluppo (EFSA 17 dicembre 2013).
Perché autorizzare, anzi invitare, all’uso di neonicotinoidi, sostanze dannose sia per l’ambiente che per l’uomo?
Le irrorazioni massicce di neonicotinoidi (previsti 4,2 milioni di litri di insetticidi per 700.000 ettari di territorio salentino fino al mese di dicembre) avranno effetti devastanti per l’ecosistema, la biodiversità, a partire dagli insetti impollinatori, portando a un cospicuo danno economico per il settore apistico, biologico e agricolo in generale”, si ricorda nella proposta d’inchiesta, nella quale viene anche sottolineata la tossicità di questo genere di sostanze per sistema nervoso, reni, fegato, tiroide, sistema immunitario e apparato riproduttivo dei mammiferi – uomini compresi.
Il documento presentato da De Bonis chiarisce anche la posizione fortemente contraria allo sradicamento degli ulivi e contesta il decreto Martina, che oltre all’impiego massiccio di fitofarmaci, prevede l’obbligo di estirpazione delle piante in via di disseccamento e di tutte le altre piante ospiti del batterio nel raggio di 100 metri per una superfice pari a 3,14 ettari.
Ricordando poi come l’Italia sia stata ufficialmente messa in mora dalla Commissione europea (procedura numero 2015_2174 del 10 dicembre 2015), che ha ritenuto carenti le modalità di gestione dell’emergenza, e di come sia stata la stessa UE a confermare il divieto di tali sostanze chimiche in Puglia, la proposta di De Bonis chiede sì, di fare chiarezza sulla sintomatologia del disseccamento e sul nesso di patogenicità, ricostruendo dettagliatamente la diffusione sul territorio, ma anche di analizzare “…ogni singolo studio, campionamento, analisi, ricerca laboratoristica, attività scientifica e amministrativa posti in essere sul batterio dagli istituti e dagli enti nazionali e internazionali”.
Soprattutto per chiarire “…le eventuali responsabilità, anche di natura omissiva, delle autorità e delle istituzioni, delle amministrazioni territoriali locali e regionali” e le eventuali responsabilità degli enti scientifici e amministrativi, nazionali e territoriali coinvolti.
La drastica soluzione dello sradicamento delle piante infatti, già tentata a Taiwan e in Brasile, non ha portato a risultati positivi e non ne porterebbe in Puglia, fatta eccezione per una pesante modifica del paesaggio e dell’identità culturale di un territorio.
51 le firme: oltre a quella di Saverio De Bonis e alle quattro dei cofirmatari Lello Ciampolillo(M5S), Maurizio Buccarella (Gruppo Misto), Margherita Corrado (M5S) e Susy Matrisciano (M5S), altre 46, quasi tutte di senatori e senatrici pentastellati: Fabrizio Trentacoste, Elena Botto, Cinzia Leone, Nicola Morra, Emiliano Fenu, Antonella Campagna, Giuseppe Auddino, Vittoria Francesca Maria Bogo Deledda, Luisa Angrisani, Ettore Antonio Licheri, Silvana Giannuzzi, Gaspare Antonio Marinello, Marinella Pacifico, Agnese Gallicchio, Simona Nunzia Nocerino, Francesco Castiello, Rosa Silvana Abate, Donatella Agostinelli, Sabrina Ricciardi, Gianluca Ferrara, Pietro Lorefice, Gelsomina Vono, Felicia Gaudiano, Vincenzo Presutto, Fabio Di Micco, Luigi Di Marzio, Maria Laura Mantovani, Gregorio De Falco, Gisella Naturale, Elio Lannutti, Gianni Marilotti, Bianca Laura Granato, Patrizio Giacomo La Pietra (FdI), Paola Nugnes, Michela Montevecchi, Danila De Lucia, Mauro Coltorti, Sergio Romagnoli, Gianluigi Paragone, Stefano Lucidi, Mattia Crucioli, Stanislao Di Piazza, Virgina La Mura, Marco Croatti, Gianni Pietro Girotto e Ugo Grassi.
Il progetto prevede un costo annuo di 30.000 euro e resoconti annuali su risultati delle indagini.
La richiesta del senatore De Bonis precede di poco quella della collega Daniela Donno (M5S), annunciata il 10 luglio scorso. Meno dettagliato e preciso sulla storia che ha travolto il territorio pugliese negli ultimi 5 anni, il documento è stato ritirato il primo agosto scorso, con 37 firme tra senatori pentastellati e leghisti.
Ora, perché l’indagine venga avviata, è necessario che la proposta venga calendarizzata al più presto. È ciò che chiede De Bonis. Dalla tempistica si capirà anche se il nuovo Ministro dell’Agricoltura opterà per una inversione di marcia, in linea cioè con le posizioni da sempre dichiarate dal M5S, o se agirà in continuità con il decreto Martina.
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Ma il problema xilella forse non è stato creato per abbattere secolari piante d’ulivo per facilitare la realizzazione del gasdotto? In Italia succede di tutto