12/05/2016 – L’avvocato generale Yves Bot della Corte di giustizia europea, interpellata dal Tar del Lazio sui ricorsi di alcuni agricoltori della Provincia di Brindisi, non riscontra alcuna irregolarità né violazione della norme e dei trattati europei nelle decisioni assunte dalla Commissione europea e recepite dal Ministero delle Politiche agricole per bloccare la presunta avanzata del batterio Xylella fastidiosa in Puglia. L’avvocatura è stata interpellata poiché il giudice della Corte ha disposto il rito accelerato.
Il parere dell’avvocatura generale salva dunque la strategia generale della Ue, espressa attraverso la decisione di esecuzione 789/2015, basata sulla direttiva comunitaria 29/2000 e sul parere dell’Efsa (L’autorità europea sulla salute e il cibo) emesso il 6 gennaio dello scorso anno.
Tuttavia è proprio nell’attuazione e nell’interpretazione di tali normative che la Procura di Lecce ha ravvisato diverse ipotesi di reato.
Dunque il parere dell’avvocatura non compromette l’impianto accusatorio delle indagini coordinate dalla procuratrice aggiunta Elsa Valeria Mignone e dalla sostituta Roberta Licci.
Inoltre il parere dell’avvocatura è solo di tipo consultivo, cioè non vincola la Corte di giustizia.
Si attenderà a breve la sentenza, anche se sono improbabili colpi di scena.
Nel dettaglio afferma l’Avvocato Generale Yves Bot: “L’articolo 6 della decisione di esecuzione (UE) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, relativa alle misure per impedire l’introduzione e la diffusione nell’Unione della Xylella fastidiosa (Wells et al.), deve essere interpretato nel senso che la misura della rimozione delle piante prescritta al paragrafo 2 di detto articolo deve essere applicata dallo Stato membro in questione dopo l’esecuzione dei trattamenti fitosanitari contro i vettori del batterio previsti dal paragrafo 4 del medesimo articolo. L’esame delle questioni sollevate non ha rivelato alcun elemento idoneo ad inficiare la validità dell’articolo 6 della decisione di esecuzione 2015/789”.
Un’interpretazione che soddisfa parzialmente Giovanni Pesce, proprietario di un uliveto ad Oria e difensore di alcuni agricoltori, sul cui ricorso si è espresso l’Avvocato generale della Corte Ue, proprio perché la Regione Puglia e l’Arif, deputata ad attuare le misure fitosanitarie previste dall’articolo 6 prima di sradicare gli ulivi, non sono state attuate. Sono noti i bliz all’alba degli uomini del commissario straordinario per l’emergenza xylella Giuseppe Silletti (indagato e subito dimessosi) per sradicare gli ulivi, senza avere effettuato i necessari trattamenti preventivi.
Così come, se è vero che lo sradicamento è previsto dalle norme Ue come strumento per contrastare il diffondersi della xylella, è anche vero che è considerato in vari passaggi come “extrema ratio” e solo dopo aver supportato la decisione su solide basi scientifiche. Invece la decisione di esecuzione 789/2015 si base, come unica fonte scientifica, sul rapporto Efsa del 6 gennaio, dove in numerosi passaggi si evidenzia che lo sradicamento può essere una soluzione ma non è mai stato dimostrato che sia efficace. Inoltre in una successiva ricerca di Efsa si evidenzia che vi è totale mancanza di dati scientifici e di monitoraggio necessari per analizzare il fenomeno e dare risposte certe.
“Due sono i punti fondamentali delle conclusioni dell’Avvocato generale che occorre sottolineare dal punto di vista di proprietari e agricoltor, dice Pescei:
1) La lettura dell’articolo 6 della decisione comunitaria mostra che lo Stato membro interessato deve, prima di procedere alla rimozione delle piante ospiti e delle piante infette, eseguire un trattamento fitosanitario destinato a lottare contro i vettori della malattia. Tale previo trattamento fitosanitario risponde alla logica delle procedure di eradicazione suggerite dal parere dell’EFSA, il quale indica che, se la prima misura da adottare nelle zone delimitate è la rimozione quanto più rapida possibile delle piante infette, occorre nondimeno previamente applicare un trattamento insetticida dal momento che gli insetti vettori possono spostarsi dalle piante infette verso altre piante. Su questo punto osservo che ciò è positivo perché i passaggi sopra descritti non sono stati fatti (basti ricordare come è avvenuto il blitz dello scorso luglio 2015).
2) La misura dell’eradicazione costituisce, con tutta evidenza, un’ingerenza nel diritto di proprietà. Tenuto conto delle conseguenze particolarmente dannose che ne derivano per i proprietari interessati, la misura suddetta non risulta idonea a realizzare un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e quelle della salvaguardia del diritto di proprietà se non a condizione che il proprietario del fondo in questione possa percepire un indennizzo. Al fine di assicurare un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco, i proprietari delle piante abbattute hanno diritto a percepire un indennizzo ragionevolmente commisurato al valore degli ulivi abbattuti. Ed è un secondo passaggio fondamentale, che modifica completamente il quadro economico di Stato e Regione sino a ieri immaginato.
“Vedremo cosa altro potrà essere specificato nei prossimi giorni dalla sentenza della Corte – conclude l’avvocato Pesce – ma al momento, per quanto possa sembrare paradossale, mi ritengo soddisfatto”.
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[…] commissione europea è obbligata a tenere in considerazione la decisione comunitaria (n.789/2015) sullo sradicamento deg…, compresa l’imposizione del taglio degli alberi sani nel raggio dei 100 metri da quello positivo […]