di Maurizio Caprino e Marilù Mastrogiovanni
Il Sole 24 ore propone una ricognizione degli ultimi pronunciamenti del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato, per restituire una “fotografia” giuridica di quanto sta accadendo. I ricorsi al Tar sono numerosi e tutti hanno ottenuto la sospensiva, per motivi simili, sebbene con diversi gradi di dettaglio. Ora le strade sono due: la Corte di giustizia Ue si esprimerà sull’aderenza della decisione di esecuzione 789/2015 alla direttiva 29/2000, che da questa discende. C’è poi un ricorso presentato da alcune aziende bio dinanzi al Tribunale Ue, che contesta gli stessi abusi contestati da chi ha chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Insomma, come detto tante volte, la Ue è accerchiata. M.L.M
Una decisione di esecuzione della Commissione europea non può stabilire misure che non siano di «mera esecuzione» delle regole stabilite «nell’atto di base» e il piano contro la Xylella per abbattere gli ulivi nel Salento va oltre, perché impone di tagliare anche piante non infette, di cui la direttiva sulla protezione fitosanitaria (la 2000/29) non parla. Perciò il Tar Lazio, con le ordinanze 779 e 780/2016 depositate il 22 gennaio dalla Prima sezione, ha disposto il rinvio pregiudiziale del piano alla Corte di giustizia Ue. Gli stessi princìpi erano stati affermati dalla stessa sezione nelle ordinanze 367 e 393. Il tutto nelle stesse settimane in cui la Conferenza Stato-Regioni approvava un’ulteriore parte del piano, anche se gli abbattimenti sono perlopiù bloccati dall’autorità giudiziaria (si veda Il Sole 24 Ore del 6 febbraio).
L’ultima decisione in questo senso è l’ordinanza 478/2016 del Consiglio di Stato, depositata l’11 febbraio, che ha ribaltato l’ordinanza con cui il Tar aveva respinto una richiesta di sospensiva. I motivi vanno dall’incerta individuazione delle piante da abbattere all’effettuazione di esami e prelievi di materiale vegetale senza contraddittorio sino alla mancanza «di univoci risultati delle analisi sugli agenti patogeni».
La Corte Ue dovrà invece valutare la legittimità delle misure contenute nella decisione di esecuzione 789/2015 (trasposta nel Dm Politiche agricole del 19 giugno), tra cui il taglio esteso agli alberi vicini a quelli infetti, creando una fascia “di sicurezza”. Il provvedimento si basa sulla direttiva europea 29/2000, che consente tagli solo con approfondimenti scientifici idonei a dimostrare che sono l’unica misura idonea a evitare la diffusione di organismi nocivi.
Inoltre, la direttiva obbliga lo Stato membro a proteggere sul piano sanitario i vegetali, anche in via provvisoria. Il Tar dubita che l’eradicazione di piante “sane” sia protettiva e ritiene che non sia comunque provvisoria, perché incide definitivamente e irreversibilmente sulle piante.
Che una decisione di esecuzione non possa contrastare con l’atto di base né integrarlo o modificarlo, neppure su elementi non essenziali, è un’interpretazione restrittiva che il Tar riprende da sentenze della Corte Ue (Seconda Sezione, 15 ottobre 2014, causa C-65113 e Grande sezione, 18 marzo 2014, C-427/12).
La direttiva richiede un regime che, se possibile, risarcisca i danni da infezioni provenienti da Paesi terzi o altre aree Ue. La decisione di esecuzione non prevede risarcimenti e/o indennizzi ai proprietari incolpevoli delle piante da rimuovere.
La direttiva prescrive poi la distruzione di vegetali, prodotti vegetali o terreno di coltura per i soli organismi che non soddisfino le condizioni di controllo previste dal suo articolo 6 (che fissa i tipi di ispezione secondo il tipo di pianta) e dei soli esemplari contaminati o con sintomi di contaminazione e/o infezione da organismi patogeni. Nel caso-Xylella, ciò non sarebbe dimostrato e l’articolo 22 della direttiva prevede una partecipazione finanziaria Ue solo alle spese dirette per le misure necessarie, adottate o progettate, di lotta all’organismo nocivo realmente comparso o sospettato. Peraltro, nelle «misure necessarie» la direttiva comprende la distruzione, ma per i soli vegetali «riconosciuti contaminati o che possono esserlo stati».
La richiesta di sospensiva al Tar era stata presentata il 31 marzo 2015 da 26 aziende bio della provincia di Lecce; seguirono altri agricoltori del Brindisino, integrando altri motivi. Alcuni hanno fatto pure ricorso al Tribunale europeo di prima istanza, ottenendo in attesa della sua sentenza pregiudiziale la sospensione del giudizio del Tar. Altri hanno chiesto al Tar il rinvio pregiudiziale alla Corte Ue. Tutti hanno ottenuto sospensive.
Articolo de il SOLE 24 ORE del 18 febbraio 2016 Mastrogiovanni Caprino