(18 Gennaio 2016) – Per la prima volta la tv pubblica affronta in maniera strutturata il “caso xylella”. Presa Diretta, la trasmissione d’inchiesta di Riccardo Iacona, fa ruotare il reportage attorno a due dichiarazioni shock dei due principali protagonisti del “caso xylella”.
Giuseppe Silletti, commissario straordinario per l’emergenza xylella, dimessosi dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia da parte del Procuratore di Lecce Cataldo Motta, e intervistato da Giuseppe Laganà prima che fosse notificato l’avviso di garanzia, dichiara che “un risultato concreto lo avremo quando saranno estirpate tutte le piante malate” per poi ammettere, alla domanda “E’ stata fatta sufficientemente ricerca?” che “è tutto da fare, tutto da costruire. Noi magari stiamo andando avanti su un dettato di legge magari non coadiuvato da indagini scientifiche che sono indispensabili, anche per capire un po’ bene il nostro comportamento”.
Laganà controbatte: “E questo è anche un po’ grave… c’è una legge che dice fate delle cose ma non sappiamo poi se va bene…”.
Silletti ride e chiude: “Questo è… e può essere anche un problema”.
E il problema effettivamente è stato ritenuto tale, se la Procura ha indagato Silletti proprio su questi aspetti.
Donato Boscia, direttore IPSP-CNR di Bari (Istituto per la protezione sostenibile delle piante) ammette, come ha sempre fatto fin dall’inizio (VEDI IL VIDEO del dicembre 2013), che “non abbiamo la prova, cioè il test di patogenicità che ci dica che xylella è l’unico responsabile del disseccamento che si sta osservando sugli ulivi. Noi stiamo osservando ed è abbastanza verosimile, che la presenza di alcuni funghi del legno siano quantomeno degli aggravatori”.
E gli abbattimenti delle piante servono per arginare la malattia? – chiede Laganà
Boscia: “Credo che non ci sia nessuna garanzia che il piano, anche se attuato in pienezza, possa essere in grado di bloccare l’epidemia. Questa è l’unica carta, dal punto di vista tecnico, per tentare di bloccare l’epidemia”.
Per Boscia – dice Laganà – l’olivicoltura del Salento è spacciata.
Boscia dichiara candidamente a Laganà, pensando di non essere ripreso: “E’ andata (sottinteso l’olivicoltura, ndr) perché per un trend che abbiamo osservato lì, sette – otto anni e resteranno soltanto queste isole verdi di questo germoplasma che sembra resistente, tipo il leccino. A questo punto che facciamo? Aspettiamo altri 8 anni ad aspettare un miracolo che non arriverà? O vogliamo prendere il toro per le corna, sederci al tavolino e pensare a come ripensare e rilanciare l’agricoltura salentina”?
Laganà: “Cioè togliendo gli ulivi e mettendo un’altra cosa”?
Boscia: “Mettendo che ne so…c’è la viticoltura che è immune a xylella, ci sono tutta una serie di coltivazioni orticole che possono essere promosse…”
Laganà: “E gli alberi monumentali”?
Boscia: “Si può anche lasciare come museo 50 alberi e si dice “questi sono i tronchi di quelli che erano gli alberi…” però …quando muore una pianta che cosa ci possiamo fare”?
Nell’apertura del servizio Riccardo Iacona ha affermato che “una delle principali risorse della Puglia è anche la sua bellezza”. Ed è la bellezza del paesaggio pugliese ad essere compromessa dalle misure di contrasto all’avanzare della xylella fastidiosa.
Alberi millenari sostituiti da piante di pomodoro.
La grande bellezza e l’identità dei pugliesi, secondo Boscia, fra otto anni, non saranno più qui.
Ma questo, secondo molti paesaggisti, tra cui Annalisa Calcagno Maniglio, architetta paesaggista, titolare del corso di Architettura del paesaggio presso l’Università di Genova e componente del gruppo di esperti internazionali che hanno redatto la convenzione europea del paesaggio, è inaccettabile, perché il paesaggio ha a che fare con l’identità dei popoli che lo vivono. GUARDA QUI L’INTERVISTA: