di Marilù Mastrogiovanni
Sotto a chi tocca. Ma a chi tocca?
In tutto ci sono due milioni di euro per finanziare ricerche sulla “prevenzione e il contenimento del disseccamento rapido dell’ulivo” e non per fare esclusivamente ricerca su xylella.
La xylella si trova all’interno del bando: sembra un dettaglio, ma non lo è.
Perché già in premessa si associa il disseccamento alla presenza del batterio, senza che, ancora, vi sia la prova di patogenicità, cioè la prova scientifica della causa-effetto tra disseccamento degli ulivi e presenza del batterio.
Le priorità delle ricerche finanziabili sono dettate dalla Regione Puglia.
Si tratta di “topics”, di priorità appunto, che la Regione Puglia finanzia ora, oltre due anni dopo la “scoperta” della xylella a Gallipoli:
Ecco le priorità:
– caratterizzazione genotipica e sequenziamento del genoma dell’agente patogeno Xylella fastidiosa sub specie Pauca ceppo CoDiRO;
– miglioramento delle tecniche di diagnosi del batterio;
– suscettibilità varietale del germoplasma olivicolo e miglioramento genetico finalizzato alla resistenza al patogeno;
– eziologia del CoDiRO per la valutazione del ruolo e dell’influenza dei diversi agenti patogeni e parassiti coinvolti nella malattia;
– studio interazioni pianta-batterio per valutare il processo di colonizzazione delle piante ospiti e sviluppo di sistemi di contrasto della capacità colonizzante attraverso le nuove tecnologie;
– identificazione delle specie ospiti dell’agente patogeno Xylella fastidiosa sub specie Pauca ceppo CoDiRO;
– indagini epidemiologiche e studio dei potenziali insetti vettori e sulla modalità di trasmissione del batterio;
– studi e analisi sui fattori ambientali predisponenti la diffusione delle infezioni e sui fattori agronomici per un corretto sviluppo vegeto-produttivo delle piante;
– implementazione delle metodologie di monitoraggio al fine di agevolare le attività su ampie superfici anche con sistemi informatici;
– misure di controllo nei confronti sia del batterio che verso i potenziali insetti vettori nel rispetto delle pratiche ecosostenibili.
Sono tutte ricerche che, se fossero state fatte e concluse, ad oggi avrebbero consentito di prendere decisioni ponderate e scientificamente provate.
Invece no.
S’è presa la decisione di sradicare gli ulivi, anche millenari, a priori.
E’ stata una scelta politica senza alcuna giustificazione scientifica.
Ora, si cerca di trovare le pezze d’appoggio:
Però, nonostante la tecnica di diagnosi sia perfettibile, in base a tali diagnosi si decreta la presenza del batterio e si decide di sradicare gli ulivi perché “positivi” a xylella.
Vogliono selezionare geneticamente specie di ulivo resistenti al patogeno: gli ulivi ora non si possono ripiantare, ma potenzialmente tutti gli ulivi secolari e millenari estirpati si potrebbero sostituire con impianti intensivi di ulivi resistenti a xylella. Un progetto, quello dell’olivicoltura intensiva, su cui da tempo lavora l’Università di Bari, che infatti porta avanti un campo sperimentale a Valenzano.
Lo studio delle specie ospiti del batterio, l’eziologia, l’epidemiologia, sono studi richiesti da Efsa e da tempo finanziati direttamente con incarichi al CNR di Bari, come abbiamo scritto sul libro-inchiesta Xylella Report (CLICCA QUI): i risultati sono attesi per la fine del 2015.
Sono quindi studi ancora non conclusi e sarebbero dovuti servire per definire le strategie di contrasto del batterio: ma tali strategie, come detto, sono state definite a priori, anche in mancanza di tali studi.
Lo studio e analisi dei fattori ambientali che “predispongono” la diffusione delle infezioni e sui fattori agronomici per un corretto sviluppo vegeto-produttivo delle piante poi, è in ritardo di almeno 15 anni.
Abbiamo infatti denunciato come da 15 anni la lebbra dell’ulivo, in sinergia con altre patologie fungine e parassiti stiano falcidiando gli ulivi in stato di abbandono e indeboliti dall’uso eccessivo di erbicidi (glifosate).
Tanto che da più parti, Comuni e associazioni di categoria avevano chiesto lo stato di calamità naturale da fitopatologia, negata dal Ministero delle politiche agricole perché tali patologie, scriveva nel 2102 il sottosegretario Franco Braga, erano la conseguenza dello stato di abbandono in cui versavano gli uliveti e non di una “calamità” piovuta dall’alto.
DESTINATARI e FONDI
In totale ci sono a disposizione due milioni.
Un milione è destinato a finanziare ricerche, per un tetto massimo di 200mila euro per ricerca, realizzate in rete tra enti pubblici, privati e associazioni, che possono parteciparvi come “promotori”, “attuatori”, “finanziatori”, anche nei tre ruoli contemporaneamente.
Seicentomila euro sono destinati esclusivamente agli Enti pubblici che già lavorano in convenzione con la Regione Puglia sull’emergenza xylella. Non è scritto ma siccome gli unici Enti pubblici di ricerca che hanno tali requisiti sono il CNR di Bari e l’Università di Bari, è evidente che questi seicentomila euro sono destinati a loro. Le ricerche potranno avere un tetto massimo di budget pari a 200mila euro.
Quattrocentomila euro sono destinati a soggetti pubblici a privati che facciano sperimentazioni “a cielo aperto”, purché validate scientificamente da un Centro di ricerca riconosciuto, che potrà essere anche partner, promotore e/o finanziatore del progetto. Le sperimentazioni a cielo aperto potranno essere finanziate ciascuna al massimo per 30mila euro.
GENOMA
Il genoma “Xylella codiro” è già stato sequenziato dal gruppo dei ricercatori baresi (CLICCA QUI).
Adesso, finalmente, questa ricerca (della quale proponiamo ai lettori di Xylella Report il draft (CLICCA QUI), a firma Annalisa Giampetruzzi, Michela Chiumenti, Maria Saponari, Giacinto Donvito, Alessandro Italiano, Giuliana Loconsole, Donato Boscia, Corrado Cariddi, Giovanni Paolo Martelli, Pasquale Saldarelli) potrà essere finanziata e completata.
Un premio all’esperienza acquisita da questi ricercatori, soprattutto grazie alle barriere d’accesso finora molto alte (ossia l’autorizzazione per la manipolazione del materiale infetto che solo loro, finora, hanno avuto).
LIMITAZIONI
Le ricerche non hanno bisogno di alcuna autorizzazione né placet (semplicemente false le tante notizie che girano sul web relative alle “restrizioni” della ricerca, che è e rimane libera). E’ sottoposta ad autorizzazione da parte del Servizio fitosanitario nazionale, invece, la “movimentazione del materiale vegetale”. Il possesso o meno di tale autorizzazione è la vera barriera d’accesso alla ricerca su xylella.
I progetti di ricerca che riguardano la manipolazione del batterio xylella e dunque che riguardano le piante potenzialmente ospiti come l’ulivo, dovranno essere in possesso di tale autorizzazione che è sempre collegata in maniera indissolubile ai terreni su cui vengono effettuati i prelievi di rametti d’ulivo e le analisi. Cioè: un centro di ricerca che abbia l’autorizzazione per la manipolazione dei rametti d’ulivo ma solo per determinati uliveti, se vuole fare nuovi prelievi su nuovi uliveti non indicati nella domanda, non lo può fare.
Per rilasciare l’autorizzazione alla manipolazione del campione il Servizio fitosanitario nazionale impiega mesi. Ad oggi la possiedono solo l’Università di Bari, il CNR di Bari diretto da Donato Boscia (CLICCA QUI per articolo dedicato al direttore Boscia), lo IAMB presieduto da Cosimo Lacirignola (nella foto), il Basile Caramìa di Locorotondo – BA (CLICCA QUI per articolo dedicato a questo Istituto), e da poco il CNR di Lecce.
Poiché nei criteri di attribuzione dei punteggi si dà una forte premialità ai progetti che riescono a rispondere alle esigenze di “fronteggiare l’emergenza”, è evidente che il fattore tempo è fondamentale. I progetti durano al massimo 36 mesi, e se per avere l’autorizzazione si perdono dai 6 mesi ad un anno, è evidente che verrà premiato chi è già in possesso di tale autorizzazione e presenta un progetto immediatamente “cantierabile” (elemento anche questo premiante).
Insomma, un bando aperto, ma pensato per finanziare i progetti di ricerca e le sperimentazioni che sono già partite ma senza avere soldi a sufficienza.
CONTROLLORI E CONTROLLATI
Non ci sono vincoli sul numero di progetti che si possono presentare, né ci sono vincoli al cumulo delle partecipazioni.
Lo stesso soggetto, che sia un privato, un’impresa, un’associazione, un Centro di ricerca pubblico, può partecipare con più progetti e con più ruoli: da una parte può essere proponente, dall’altra promotore, dall’altra attuatore, dall’altra ancora finanziatore.
Insomma: belle e utili le “reti” e le collaborazioni, ma anche qui, c’è il rischio si faccia una grande ammucchiata d’interessi e che essendo tutti una grande famiglia non ci si pesti i piedi a vicenda.
SOLDI A PIOGGIA
Il tetto massimo per i progetti di ricerca è di 200mila euro, per le sperimentazioni “a cielo aperto”, è di 30mila euro.
Il progetto di Giuseppe Ciccarella dell’Università del Salento, che sfrutta le nanotecnologie per studiare nuovi composti che “sciolgano” i grumi collosi di xylella che ostruiscono le “vene” degli alberi, è pari a 550mila euro.
Un progetto interessante e innovativo finanziato dall’assessorato regionale allo Sviluppo economico di Loredana Capone e che, con questo bando appena uscito, non avrebbe mai potuto prendere piede.
Per come è stato concepito, quindi, il bando appena uscito finanzierà i soliti Centri di ricerca, pubblici e privati, ad oggi protagonisti del grande affaire xylella, concentrando ancora una volta le attività della ricerca nelle mani di questi.
I Centri di ricerca che già oggi stanno lavorano su xylella, poi, faranno rete con le associazioni che si occupano di ecologia, agricoltura, ambiente e con gli imprenditori che oggi stanno portando avanti, anche senza clamore, le loro sperimentazioni i cui risultati saranno validati dai Centri di ricerca.
Ottima idea. Attenderemo di conoscere i nomi dei vincitori per sapere se effettivamente, si sprigioneranno nuove energie e nuovi cervelli per studiare il “disseccamento rapido degli ulivi” o se invece con questi soldi si finanziano le ricerche che per “prevenire” il disseccamento rapido si sarebbero dovute fare almeno 15 anni fa, cioè quando sono iniziati i disseccamenti, e che per xylella si sarebbero dovute fare almeno due anni fa.
Le tante invocate sperimentazioni “a cielo aperto” da parte di alcune associazioni ambientalista ora potranno avere dei piccoli finanziamenti.
A occhio e croce, più utili a rabbonire gli animi rivoltosi che a contrastare e prevenire il disseccamento rapido degli ulivi.