di Marilù Mastrogiovanni
Da quanto c’è la xylella nel Salento? E i sintomi di disseccamento degli alberi d’ulivo, da quanto tempo sono stati notati? E che cosa è stato fatto da chi era deputato ad intervenire?
Ma soprattutto, la “xylella”, s’è sempre chiamata così?
Ma il fenomeno del disseccamento è stato documentato e comunicato agli enti pubblici deputati a prendere le necessarie misure, cioè l’Istituto fitosanitario regionale, molto tempo prima.
Alle comunicazioni, seguirono anche le richieste del riconoscimento dello stato di calamità naturale. Che fu negato.
Chi avanzò le richieste, a chi, e perché fu negato lo stato di calamità naturale riconosciuto poco dopo a seguito del casuale ritrovamento del batterio della xylella fastidiosa, sono aspetti che meritano di essere approfonditi, come proveremo a fare in questa sede.
Il ritrovamento del batterio, questa è la vulgata diffusa su tutti i giornali, è stato possibile grazie alla “intuizione” del prof. Giovanni Martelli (nella foto), che ad un certo punto, nel 2013, si sarebbe chiesto: “E se fosse xylella”?
E infatti xylella fu.
Il ritrovamento, grazie a quell’intuizione, del batterio da quarantena xylella fastidiosa, ha aperto le corde del borsellino dell’Europa. Corde che invece poco prima s’erano serrate, quando la richiesta dei finanziamenti legati al riconoscimento dello stato di calamità naturale avevano riguardato, qualche mese prima, la lebbra dell’ulivo.
LA LEBBRA? NON E’ CALAMITA’. MA LA XYLELLA SI. E ARRIVANO I SOLDI
E’ almeno dal 2005, cioè da 10 anni, che è s’è registrato, documentato, osservato il fenomeno del disseccamento degli ulivi, nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto.
Ma da alcune testimonianze, sentite anche dalla Procura di Lecce, apprendiamo che anche negli anni precedenti è stata notata la presenza di alcune persone, con tuta, cappuccio e mascherina, intente a fare delle sperimentazioni sugli ulivi nella zona “rossa”, l’epicentro da cui poi si sarebbe diramata l’infezione da xylella: zona Li Sauli, tra Gallipoli e Taviano.
Insomma, scopriamo un altro passaggio importante: già da molti anni stanno facendo né più né meno di quello che sta facendo, per esempio, il prof. Marco Scortichini (nella foto) oggi, che nella stessa zona sta sperimentando il prodotto commerciale israeliano “Dentamet”, che serve non a curare la xylella, attenzione, ma i sintomi da disseccamento. Di diverso c’è che, mentre negli anni passati le “sperimentazioni” di prodotti commerciali non hanno beneficiato di particolari finanziamenti, adesso si aprono canali di finanziamento privilegiato, giustificandolo con la ricerca di cure per combattere la xylella, anche se non è la xylella che tali prodotti intendono curare. E anche se si tratta di prodotti commerciali la cui sperimentazione dovrebbe essere a carico delle aziende produttrici.
Ma il presidente Michele Emiliano, ora, è pronto a “finanziare qualunque progetto per sperimentare nuove cure”.
L’ha dichiarato ai cittadini che nel corso del presidio dinanzi alla sede del Consiglio della regione Puglia hanno chiesto come intendesse agire per salvare gli ulivi. Inoltre, ha affermato Emiliano, ha già finanziato con un milione di euro la ricerca di Scortichini, ricerca che non cura la xylella, come detto, ma la sintomatologia.
CALAMITA’ DA LEBBRA? CHI E’ CAUSA DEL SUO MAL…
Da molto tempo, da più di 10 anni dunque, l’Istituto fitosanitario regionale è a conoscenza del livello di abbandono degli uliveti in provincia di Lecce, Brindisi e Taranto, del livello di danni causati dalla lebbra dell’ulivo e da altre patologie. Lo sappiamo perché, come detto, più volte, in varie relazioni, è lo stesso Guario e l’Osservatorio fitosanitario regionale a certificarlo.
Dario Stefàno (nella foto), all’epoca assessore all’agricoltura della giunta Vendola, scrive che nel 2011 hanno chiesto senza ottenerli fondi straordinari al Ministero delle Politiche agricole, che da molti anni gli alberi stanno seccando, che dal 2010 con l’Università di Bari e il consorzio Ugento Li Foggi stanno conducendo sperimentazioni sui campi (zona Gallipoli) di prodotti commerciali e che al Ministero hanno chiesto l’autorizzazione per l’utilizzo di nuovi prodotti il cui uso finora non è autorizzato sugli ulivi (CLICCA QUI).
Insomma: la stessa strategia usata per contrastare l’avanzare del batterio della xylella, ma senza i fondi che grazie alla xylella arriveranno poi.
Quando poi nel 2013 si comunicherà alla Ue che è stata ritrovata la xylella, avviando le procedure da quarantena e stanziando fondi straordinari per contrastare il diffondersi del batterio, saranno tre gli enti pubblici che immediatamente usufruiranno dei primi finanziamenti: il Consorzio Ugento Li Foggi, che già stava facendo sperimentazioni per la lebbra dell’ulivo, il CNR e l’Università di Bari, coinvolti nelle stesse sperimentazioni; l’Arif, l’Agenzia regionale per le risorse irrigue e forestali, diretta da Giuseppe Maria Taurino (nella foto) che ancor prima che venisse dichiarata l’emergenza, ma agendo come se lo fosse, viene deputata a spendere i soldi, 4,5 milioni di euro.
Il 29 ottobre 2013 la giunta Vendola (delibera 2023) suggerisce che l’intera provincia di Lecce debba considerarsi zona infetta. Si badi bene: la comunicazione della presenza di xylella alla Ue era stata fatta appena 15 giorni prima, ma già la giunta Vendola dichiara in quella delibera che tutti gli ulivi della provincia di Lecce vanno espiantati.
Perché l’intera provincia di Lecce è da dichiararsi infetta, appunto.
Alle normali pratiche per combattere la lebbra dell’ulivo, dunque, la Regione aggiunge il colpo di genio, senza giustificarlo con evidenze scientifiche che ne provino l’efficacia: l’espiantato degli ulivi.
E chiedendo immediatamente di accedere alle linee di finanziamento che la Ue prevede per venire in soccorso ai territori colpiti da “patogeni da quarantena”, ossia il rimborso ex post delle spese sostenute.
Il giorno dopo la delibera di Giunta con cui si decide a priori che l’intera provincia di Lecce è infetta, Giovanni Martelli pubblica (è il 30 ottobre 2013) sul sito dell’Accademia dei Georgofili, di cui è socio anche Giuseppe Mauro Ferro (nella foto), il dirigente del Servizio agricoltura della regione Puglia che ha seguito la strategia regionale per chiedere la calamità naturale per la lebbra dell’ulivo, un articolo ancora più illuminante (CLICCA QUI), in cui il prof. Martelli afferma che:
– la xylella non fa seccare le viti e gli agrumi (ma come fa a saperlo se l’hanno scoperta 15 giorni prima e ancora non sanno di che ceppo si tratti?)
– la xylella non fa seccare gli ulivi, perché già altri studi in California hanno dimostrato che non ne è capace (ma come fa a dirlo se ancora oggi non l’hanno provato?)
– gli ulivi stanno seccando per una serie di concause (funghi, rodilegno, parassiti vari, umidità e scarse potature, abbandono) e che la xylella, al massimo, non è solo una di queste, peraltro non quella scatenante il disseccamento (e anche questo non può saperlo perché ancora oggi non è noto).
Insomma: uno scenario ideale.
C’è la xylella, e siccome c’è, arrivano i soldi. Ma sono salvi la vite e gli agrumi. Arrivano anche i soldi per la ricerca delle cure che prima per la lebbra non arrivavano, e si cercano cure non per sconfiggere il batterio ma per curarne i sintomi. Esattamente come si cercava di fare per la lebbra. Ma con pochi soldi.
Insomma, la xylella pone rimedio a tanti problemi e fa comodo a tanti:
LA CALAMITA’ NEGATA PER LA LEBBRA E’ CONCESSA PER LA XYLELLA
L’annoso fenomeno della lebbra dell’ulivo, gli uliveti abbandonati, il cambiamento climatico, le mancate potature, l’estensione del disseccamento causato dalla lebbra dell’ulivo oltre che da altri patogeni e dai parassiti, è descritto in un’interrogazione (CLICCA QUI) del deputato piemontese (nella foto) Teresio Delfino (Udc).
Teresio Delfino dà due dati inoppugnabili attingendo alle rilevazioni Istat:
A) a causa della lebbra dell’ulivo le aziende hanno subito un calo di reddito superiore al 35%;
B) la lebbra dell’ulivo è estesa sul 68% degli uliveti di Brindisi, che appunto stanno seccando.
Il deputato Delfino aggiunge anche che “nonostante tale situazione si manifesti in tutta la sua gravità, si è assistito però ad un «rimpallo» tra la Regione Puglia, che ha chiesto interventi straordinari, e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che rileva l’inesistenza, a livello europeo e nazionale, di una normativa ad hoc per casi come quello rappresentato, mentre gli agricoltori devono sopportare da soli i danni derivati dalla diffusione della fitopatia”.
Una situazione simile, il rimpallo di responsabilità, come quella cui si assiste, oggi, per la xylella.
Delfino chiede l’intervento straordinario del governo per poter attingere ai fondi destinati alle calamità naturali (ai sensi del decreto legislativo 102 del 2004), esattamente lo stesso Fondo di solidarietà nazionale cui si può attingere ora per la presenza di xylella.
Ma Franco Braga (nella foto), sottosegretario al Ministero delle Politiche agricole risponde affermando che “l’insorgere di malattie animali o vegetali non può essere riconosciuto come calamità naturale o evento eccezionale, trattandosi di eventi a fronte dei quali occorre intervenire preventivamente con adeguate pratiche agronomiche e con l’ausilio ed il corretto utilizzo dei presidi fitosanitari (e che) il decreto legislativo 102 del 2004 non prevede specifiche misure di aiuto ex post, a compensazione dei danni provocati da fitopatie ed epizoozie”.
Cioè, dice Braga, se non si è fatta prevenzione con “adeguate pratiche agronomiche” e i presidi fitosanitari (leggi: interventi dell’Istituto fitosanitario regionale) non si può poi piangere miseria.
Come dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso, schiacciando alle proprie responsabilità non solo gli agricoltori, ma anche il Servizio fitosanitario regionale, che non ha né fatto prevenzione né fatto in modo che le corrette pratiche agronomiche venissero applicate.
Però nel passaggio successivo Braga suggerisce anche la via d’uscita: e qui il discorso si fa interessante.
“In tali fattispecie la normativa europea – scrive Braga – pur non contemplando aiuti diretti alle imprese per i danni subiti prevede, invece, misure di eradicazione delle infezioni (sia in campo animale che in quello vegetale), in modo da rendere il più possibile indenni da malattie le aree in cui vengono praticate le colture e gli allevamenti interessati dall’infezione”.
E aggiunge Braga: è vero che la Ue ha dato incentivi per arginare alcune fitopatologie, ma si trattava di rimborsi per sradicare e poi distruggere le piante infette (non lo dice, ma è sottinteso. Sono gli incentivi legati all’applicazione della direttiva comunitaria sulla gestione dei patogeni da quarantena).
Come dire: a questa condizione, gli incentivi arrivano. Cioè eradicare l’infezione, distruggere le piante infette. Ecco come ottenere i soldi che servono.
E conclude: “il sostegno ai produttori pugliesi danneggiati dagli attacchi di lebbra, trattandosi di una misura di aiuto non contemplata dall’ordinamento comunitario, necessita di un apposito provvedimento normativo da sottoporre, preventivamente, all’approvazione della Commissione europea”.
Tutto risolto, quindi.
Con toni trionfalistici il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola (nella foto) annuncerà che per la prima volta il Ministero ha riconosciuto “la calamità naturale da fitopatologia”, finora mai concessa, riconoscendola per la presenza di xylella.
Si certificherà la presenza di xylella, si chiederà e otterrà un “apposito provvedimento normativo da sottoporre preventivamente alla Commissione europea”, si indicherà la strategia dello sradicamento degli ulivi come l’unica possibile per arginare l’infezione, sapendo che sradicarli, fare il deserto, è tecnicamente impossibile.
Ma i soldi, cominceranno ad arrivare a chi di dovere. (GUARDA IL VIDEO)
E questo lo approfondiremo nella prossima puntata.
PER ACQUISTARE IL LIBRO-INCHIESTA “XYLELLA REPORT” DI MARILU’ MASTROGIOVANNI, CLICCA QUI
4 Comments
[…] Le dottoresse Mignone e Licci hanno posto la loro attenzione sui campi di sperimentazione della lebb… […]
[…] Rosa D’Amato (parlamentare Ue, M5S) la prossima sfida è derubricare la xylella fastidiosa da “patogeno da quarantena” a “patogeno endemico”, cioè un batterio la cui presenza è orm…. Di conseguenza le “misure di eradicazione”, incluso lo sradicamento degli ulivi, non […]
[…] forviata però da un’informazione faziosa. Tutti questi fattori sono il famoso (ex famoso) Co.di.ro (Complesso del disseccamento rapido dell’Olivo) e questi fattori favoriscono l’annidam…: un po’ come il non lavarsi i denti e mangiare cioccolata favorisce i batteri della carie: […]
Ehi Marilù..
Apprezzo molto il lavoro che fai e come lo fai ma questo articolo è un bruttissimo lavoro. Chi ha minime basi scientifiche trova alquanto assurdo quello che è stato scritto. È un accozzaglia di tutto e senza testa ne coda.
Mi spiace che il voler vedere sempre complotti ci offusca la vista dalle verità.