Di Marilù Mastrogiovanni
Proprio così. Il “Co.di.ro” la sindrome da disseccamento rapido degli ulivi è stato studiato e analizzato in tempi non sospetti da un nutrito gruppo di studenti dell’Istituto agrario “Presta” di Lecce, guidati dal loro professore Vincenzo Mello. Giungendo alle stesse conclusioni degli scienziati baresi comunicate alla Ue fin dal principio: un complesso di patologie da curare, ma non mortali per la pianta.
Era il 2013 e il professore si recò proprio nella zona colpita da disseccamento rapido, su cui si sono concentrate le indagini della magistratura, i primi rilievi su xylella comunicati alla Ue nel 2013 e tutti i media locali e internazionali.
Tutti, si sono recati lì a fotografare quegli alberi monchi. Ma ancor prima degli scienziati baresi, il 21 settembre 2013, il professore Mello, docente di fitopatologia ed entomologia agraria, con il dirigente Walter Livragni e gli alunni delle quinte classi dell’istituto agrario, s’era recato proprio lì, in zona Li Sauli, vicino la stazione di servizio, molto vicino Gallipoli.
Su quella zona, su quei terreni in feudo di Taviano , sta indagando la Procura di Lecce.
Il meccanismo è quello della perizia: il perito agrario Piero Tunno (nella foto), presidente del distretto Florovivaistico regionale pugliese certifica che quegli ulivi hanno i sintomi “inequivocabili” del disseccamento da xylella e con quella perizia i proprietari si presentano all’Upa, Ufficio provinciale agricoltura, chiedonone l’espianto.
Come è possibile che sia così semplice?
Lo è. Perché grazie al fatto che l’intera provincia di Lecce è stata dichiarata “zona infetta” e che si affermi la relazione diretta tra il disseccamento degli ulivi e la presenza di xylella, anche in mancanza della prova del nove (cioè la prova di patogenicità), si può.
Attraverso questo meccanismo, si chiede lo sradicamento volontario degli ulivi, anche secolari e millenari e si può edificare.
L’edificazione è possibile perché è stato messo su un impianto normativo che allarga le maglie delle vecchie norme poste a tutela degli alberi d’ulivo, che vietavano l’espianto degli alberi se non in casi eccezionali di annosa improduttività, e obbligavano a reimpiantarne di nuovi. Ora invece si può volontariamente sradicare gli ulivi invocando la xylella, proprio a causa della dichiarazione dell’intero Salento come “zona infetta”, è vietato ripiantarli, ma si può edificare.
Approfondiremo l’aspetto delle norme in un altro articolo.
Ora torniamo al prof. Mello e ai suoi diplomandi.
Perché la relazione del prof. Mello fa emergere un’altra domanda: se è xylella, da quanto tempo c’è?
Il prof. in una dettagliata relazione corredata da foto, e riferita a quel sopralluogo, afferma che da almeno 5 anni ha notato questa sintomatologia e che si sta estendendo. Se è xylella, dunque, come hanno comunicato gli studiosi baresi alla Ue a partire dall’ottobre del 2013, starebbe provocando quegli effetti almeno dal 2007.
Ma dal 2007 ad oggi son quasi nove anni. Si può ancora oggi parlare di emergenza?
Se davvero la xylella è presente dal 2007, verrebbero meno i presupposti dell’emergenza e il castello di carte e i relativi fondi straordinari da gestire in deroga alle norme, verrebbero meno.
Che cosa è successo nel frattempo? Le tante segnalazioni arrivate all’istituto fitosanitario regionale da parte di agricoltori e associazioni di categoria, di cui abbiamo notizia, che fine hanno fatto?
Sono state prese sul serio, sono stati presi dei provvedimenti? Sono stati fatti sopralluoghi, sperimentazioni, prelievi, analisi?
Anche su questo indaga la Procura, per sapere se l’indolenza degli uffici pubblici sia stata una “concausa” del disseccamento. Insomma, per capire se si poteva fare di più e non è stato fatto, di proposito o per incapacità. O per dolo.
Ma torniamo alla relazione del prof Mello e dei suoi studenti. LA POTETE LEGGERE PER INTERO QUI (clicca): http://centrostudiagronomi.blogspot.it/2013/10/istituto-tecnico-agrario-g-presta-lecce.html
I giovani ricercatori attraverso l’osservazione diretta, i prelievi di materiale fogliare e rametti, poi analizzati in laboratorio, identificano la compresenza di diverse patologie: alcuni funghi, il parassita “rodilegno”, la rogna dell’ulivo.
Ad una prima analisi la sintomatologia faceva pensare al Verticillum, poi escluso perché i rametti internamente non ne presentavano segni. Il prof. Mello stigmatizzava il fatto che gli ulivi fossero stati capitozzati e dunque posti in uno stato di sofferenza, in aggiunta alle tante patologie presenti.
In sintesi: un disseccamento dovuto ad una concausa di fattori, un “complesso”, appunto, a cui dopo un mese, nell’ottobre del 2013 sarà dato il nome di “co.di.ro” da parte dell’Osservatorio fitosanitario regionale diretto all’epoca da Antonio Guario (nella foto), che associerà, in maniera intuitiva e senza prove scientifiche, il “complesso” alla presenza di xylella.
E in base a tale associazione, ancora oggi non provata, in quanto ancora oggi manca la prova di patogenicità, si chiederanno e otterranno i soldi per l’emergenza, si chiederà lo stato di calamità naturale e i relativi fondi, si incaricherà l’Arif di spenderli e attuare le misure pianificate dal commissario straordinario Giuseppe Silletti, ma decise da Regione, Ministero, Unione europea.
Come dire: provvidenziale xylella.