Di Marilù Mastrogiovanni
(4 Settembre 2015) Violati i principi di sussidiarietà, precauzione e proporzionalità. Violati gli obblighi di cooperazione e collaborazione tra le nazioni sanciti dal Trattato europeo (TFUE) il Trattato europeo di cooperazione e collaborazione tra i Paesi membri. Violati i diritti dei cittadini e dei territori di autodeterminarsi.
28 aziende biologiche della provincia di Lecce e una della provincia di Brindisi impugnano la decisione di esecuzione emessa il 18 maggio scorso dalla Commissione europea e alla Corte di giustizia con sede in Lussemburgo ne chiedono l’annullamento.
Le aziende, difese dagli avvocati Luigi Paccione e Valentina Stamerra fanno parte del comitato SOS salviamo ora il Salento, e 24 di loro si sono già viste riconoscere dal Tar Lazio e dal Consiglio di Stato la sospensiva del Piano Silletti, cioè le misure fissate dal Commissario straordinario per l’emergenza xylella, che obbligano anche le aziende biologiche all’utilizzo massiccio di pesticidi.
Colpo di scena, dunque. La battaglia legale, l’unica che finora abbia sortito effetti reali per arginare le decisioni suicide della Regione Puglia governata da Nichi Vendola, va avanti.
E si sposta sui tavoli internazionali della giustizia europea.
Abbiamo chiesto all’avvocato Luigi Paccione di illustrarci la strategia del ricorso co-firmato dall’avvocata Stamerra.
Avvocato Paccione, che cosa contestate all’Europa?
Nella decisione di esecuzione la Ue definisce l’intera provincia di Lecce zona infetta; sancisce l’obbligo di utilizzo a tappeto dei pesticidi per l’eradicazione dell’insetto vettore; fissa la zona cuscinetto, cioè quella a nord della provincia di lecce, stabilendone anche l’estensione di 10 km; fissa l’obbligo di svellimento degli alberi risultati positivi a xylella e di tutti i vegetali nel raggio di 100 metri dalla pianta infetta; impone il divieto di impianto delle piante ospiti.
Gli ordini di svellimento indiscriminato di alberi e di somministrazione di pesticidi chimici tassativamente vietati in agricoltura biologica, in uno al divieto di reimpianto, ove eseguiti comporterebbero di fatto l’estinzione delle aziende mie assistite che da anni praticano l’olivicoltura biologica.
Queste misure rispondono ad un approccio unilaterale al problema che a mio avviso viola il principio di leale cooperazione tra UE e lo Stato membro (basato sulla dialettica democratica) attribuendo all’Unione una competenza sovrana non riconosciuta dai Trattati.
Quindi l’Europa ha deciso ciò che invece spettava decidere all’Italia?
Più precisamente la Commissione ha agito senza intrecciare il necessario rapporto di fertile, democratica e leale cooperazione con lo Stato membro in ossequio a principi dei Trattati.
E i validi principi scientifici sono stati rispettati?
Noi sosteniamo che la Decisione UE sia stata assunta in violazione delle acquisizioni scientifiche sul tema specifico.
Tale circostanza si traduce concretamente nella violazione dei fondamentali principi di proporzionalità e di precauzione.
Il contenuto prescrittivo della Decisione impugnata appare infatti eccessivo rispetto agli obiettivi dichiarati.
Non risulta eseguita la fase istruttoria obbligatoria, propedeutica al programma di eradicazione, con conseguente assenza di “decisioni informate” e conseguente violazione delle regole democratiche nell’Unione europea. La Decisione impugnata ignora apertamente 1) le risultanze della Relazione di Audit pubblicata dalla Commissione in data 4 marzo 2015; 2) il parere scientifico EFSA pubblicato in data 17.04.2015; 3) le risultanze della letteratura scientifica secondo cui divellere in modo indiscriminato gli alberi infetti e di quelli sani nel raggio di 100 metri non costituisce una scelta efficace per il conseguimento dell’obiettivo prefissato dall’Unione: contrastare la diffusione del batterio da quarantena di cui tutt’oggi si ignora l’effettivo apporto causale al fenomeno del disseccamento rapido degli olivi.
Le norme (ISPM n.9) internazionali impongono inoltre l’espletamento di un’istruttoria scientificamente fondata che si ponga a base delle decisioni e che rassicuri le popolazioni sulla giusta via da seguire per fronteggiare il problema in esame. Non solo nel nostro caso è mancata una istruttoria scientifica a supporto della decisione di esecuzione, ma ancor più grave è il fatto che i dati finora a disposizione della Ue (ufficiali, pubblicati), parlano di un 1,8% di alberi positivi a xylella sul totale di quelli campionati.
La questione Xylella sta insomma mettendo in discussione la tenuta delle regole di diritto che informano l’Unione europea e che sono poste a base del patto costituzionale tra gli Stati membri.
Stando alla decisione di esecuzione della Ue, quale rapporto si configura tra i cittadini italiani, le imprese e la Unione europea?
La Decisione impugnata prescrive il divieto di impianto delle piante ospiti nella “zona infetta”. V’è dunque una chiara compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Non senza contare che la misura di svellimento di piante infette e sane nel raggio di 100 metri, in uno alla prescrizione di trattamenti fitosanitari obbligatori per l’eradicazione dell’insetto vettore, comporta danni all’ambiente e alterazione del profilo paesaggistico del Salento in assenza della Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e dell’esame dei rischi sull’ambiente e sulla salute umana.
Il rapporto dialettico tra le popolazione pugliese e gli organi dell’Unione diventa così travagliato, con grosse ferite ai principi della democrazia partecipativa e della legalità comunitaria.
Le aziende biologiche mie assistite, ricorrendo in Europa, sono oggi le portavoci di una resistenza civile, giuridica e democratica a scelte verticistiche dell’Unione che non appaiono sufficientemente meditate e motivate e che potrebbero nel tempo rivelarsi catastrofiche per i territori interessati. Le aziende biologiche difendono dunque la regola democratica del corretto procedimento legale quale dispositivo necessario per la tutela delle popolazioni dell’Unione europea.
Non dimentichiamo che queste Aziende hanno ottenuto un importante successo nelle aule di giustizia italiane con la sospensione dell’efficacia del Piano Silletti disposta in loro favore dal complesso giurisdizionale Tar Lazio – Consiglio di Stato.
Quel successo rischia oggi di svanire con conseguente violazione anche del principio di effettività delle decisioni giurisdizionali rese dallo Stato membro!
E questo l’Ue può farlo? Voglio dire, come persone, i cittadini europei possono vedersi imporre dalla Ue l’obbligo di usare pesticidi e il divieto di piantare un albero?
Consideri che l’Ue impone di fatto lo svellimento di milioni di alberi che costituiscono un patrimonio paesaggistico rilevante, precostituendo le condizioni per una drammatica desertificazione che andrebbe a spezzare il rapporto millenario tra la popolazione salentina e la cornice paesaggistica entro la quale la prima ha sviluppato nel tempo storico la propria identità culturale e socio – economica.
Le misure adottate non valutano i rischi che svellimenti senza reimpianti e somministrazione di tonnellate di pesticidi sui suoli agricoli possono comportare su parti di territorio pugliese specialmente protette dal diritto dell’Unione in quanto censite come zone protezione speciale, parchi naturali e siti di interesse comunitario.
Il rischio che si corre è che con la desertificazione del suolo il popolo pugliese smarrisca anche la sua preziosa identità culturale, prima ancora di subire terribili conseguenze economiche e sull’eco-sistema.
I cittadini hanno il diritto di autodeterminarsi nel quadro della legalità comunitaria e repubblicana, di difendere il loro paesaggio, di esercitare liberamente la propria attività d’impresa senza abnormi forme di espropriazione indiretta non codificata, di difendere il suolo agricolo contro l’aggressione di sostanze chimiche nocive che l’Unione pretende di imporre senza valutare previamente i rischi per la salute umana, animale e vegetale.
Che cosa succederà ora?
La Commissione dovrà produrre le proprie osservazioni in Tribunale del Lussemburgo e si andrà a decisione all’esito della fase dialettica processuale tra le parti.
Quello che deciderà la Corte di giustizia europea avrà poi effetti sull’intero territorio italiano o avrà validità solo per i ricorrenti?
Dipenderà dal contenuto e dalle motivazioni della decisione del Tribunale di prima istanza del Lussemburgo.
Quel che è certo è che si apre con il nostro ricorso un dibattito molto interessate sul livello puramente giuridico e di tenuta del sistema democratico. Noi contrastiamo quello che definiamo un inedito esercizio di potere unilaterale dell’Unione apparentemente irresistibile per lo Stato membro. Sono in gioco le regole democratiche in Europa e più precisamente i livelli di coinvolgimento delle popolazioni nelle scelte strategiche che riguardano il governo dei loro territori. Deciderà la Corte se si sta aprendo una nuova fase di riduzione degli spazi di decisione degli Stati membri nelle discipline di competenza concorrente o se si rimane nel solco dei principi di leale cooperazione e di sussidiarietà fissati nei Trattati.
(4 Settembre 2015)
1 Comment
[…] La decisione di esecuzione contestata dalle aziende bio è quella che stabilisce che il raggio di sradicamento degli ulivi intorno alla pianta positiva a xylella deve essere di 100 metr…. […]