di Marilù Mastrogiovanni
Leggete con quale spocchia, in un tweet, il senatore Dario Stefàno (SEL) liquida “Xylella Report” dopo oltre tre mesi dalla sua pubblicazione. Forse chi ha letto il libro per lui, gli ha riferito quello che lui voleva sentirsi dire. Ma vede, caro senatore, è stato consigliato male.
E’ troppo facile contare fino a 140, quanti sono i caratteri di un tweet, e sperare che la scappatoia di una battuta la sollevi dalla responsabilità e dal dovere di una risposta. Perché credo che le risposte più urgenti, nel grande affaire della xylella, debba darle proprio lei. Lei che si nasconde dietro un tweet.
E’ gravissimo che proprio lei, senatore ed ex assessore, usi le stesse parole di chi è già oggetto di indagine da parte della magistratura.
Condividendo la loro stessa terminologia e la stessa strategia di attacco e difesa, usando cioè la parola “complottista” in riferimento ad un’inchiesta giornalistica basata solo su documenti ufficiali e pubblici, porge il fianco al dubbio che ne condivida anche la progettualità e gli orizzonti.
E questo, lo ripeto, sarebbe gravissimo. Sono sicura che non è così.
Che cosa è complottista, senatore? E quali fatti smentirebbero quanto ho scritto?
Che gli ulivi infetti siano l’1,8% sul totale dei campionamenti? L’ho scritto molti mesi fa e ora il Ministero conferma il dato. Che cosa è complottista, senatore, che quando il “suo” assessore Nardoni ha fatto una conferenza stampa il 14 novembre 2013 dicendo che eravamo in emergenza, la xylella non era stata ancora isolata in laboratorio (lo faranno un anno dopo), non era stato fatto alcun monitoraggio, ma solo qualche analisi per rilevarne le tracce?
Oppure che l’EFSA scriva che mancano i dati epidemiologici, lo studio della biologia del vettore, addirittura il numero di ulivi infetti e che dunque non si possano elaborare modelli di previsione della diffusione del batterio scientificamente fondati? Se mancano i dati terra terra, come hanno (o avete?) fatto a prendere le decisioni sulle strategie di contrasto del batterio?
Che cosa è complottista, senatore, che i primi 2 milioni di euro per “l’emergenza xylella” siano stati dati ai Consorzi di bonifica per fare interventi di ordinaria manutenzione giustificandoli con l’emergenza xylella, che sarebbe stata dichiarata un anno e mezzo dopo?
Oppure che dopo 14 giorni dalla comunicazione fatta alla Ue sulla presenza di xylella, era il 15 ottobre 2013, la Giunta Vendola si riunisce per approvare una delibera in cui si scrive, nero su bianco, che l’intera provincia di Lecce è da considerarsi infetta, che si devono perciò obbligatoriamente sradicare tutti gli ulivi e che si deve obbligatoriamente usare a tappeto dimetoato e fosmet, due sostanze la cui cancerogenicità sull’uomo è provata?
Oppure è complottista scrivere che già nel novembre 2013 la giunta Vendola identifica ad Arif come soggetto attuatore della spesa per gestire “l’emergenza” xylella e questo prima dell’emergenza e prima di aver isolato la xylella?
Oppure è complottista dire che invece di dare soldi ad Arif e ai Consorzi (gestiti con ampia discrezionalità e scarsa trasparenza), si sarebbero dovuti dare, subito, agli agricoltori, per potature e trinciature? Oppure è complottista scrivere, come ho fatto nel libro, che è lei che ha tracciato tutta la strategia pugliese sull’agricoltura, lei che ha passato la staffetta al “suo” assessore Nardoni. Ed è con lei e con Nardoni che è stato ideato il contenuto del Piano di sviluppo rurale relativo alla calamità naturale da fitopatìa, inserendo rimborsi agli agricoltori a condizione che il danno da xylella sia minimo del 30%.
Questo è stato fatto nel 2014, prima che si dichiarasse lo stato d’emergenza e prima che si dichiarasse lo stato di calamità da fitopatologia.
Efficienza? E’ stato scritto questo nel PSR, nel 2014, per efficienza?
La stessa efficienza dimostrata dalla Giunta Vendola quando nel 2013 scrive che tutti gli ulivi della provincia di Lecce sono da considerarsi infetti mentre la Ue, solo il 18 maggio 2015 dichiarerà l’intera provincia di Lecce “zona infetta”, per poi scoprire, dopo due mesi, che solo l’1,8% dei campioni sono positivi a xylella.
Mi sembra il gioco delle tre carte: c’è sempre qualcosa che viene nascosto, mentre si dovrebbe giocare a carte scoperte.
Inserire poi la condizione del “danno minimo del 30%” è di fatto un incentivo all’espianto degli uliveti, perché se gli agricoltori vogliono i soldi dei rimborsi, e Dio sa quanto ne hanno bisogno, devono dimostrare che abbiano subito danni sul 30% del loro potenziale produttivo. Come faranno?
In tutti i modi possibili.
Perché se il danno è del 25%, i soldi non arrivano.
Conviene che sia del 30%, costi quel che costi: fatture false? Incendi dolosi? Seccatutto?
Sta già accadendo. La criminalità organizzata si sta infiltrando in tutte queste operazioni, come c’era da aspettarselo.
E se gli ulivi non si possono ripiantare, che cosa si ripianterà?
Vigne? Barbatelle? Che sono miracolosamente resistenti a questa xylella pugliese?
Oppure altre coltivazioni da industria?
Oppure si costruiranno resort in zone che non hanno più alcuna rilevanza paesaggistica?
Le leggi fatte ad hoc dalla regione Puglia, con l’apparente intento di impedire gli appetiti speculativi, di fatto, al contrario, rendono semplici le speculazioni edilizie. Anche in questo la mafia sta aguzzando l’ingegno.
E’ questo che vuole?
Girarsi dall’altra parte facendo spallucce di fronte ad un’inchiesta che documenta virgola dopo virgola l’assalto alla “sua” terra?
La xylella, caro senatore, è stata usata come grimaldello per liberarsi di ulivi secolari che molti non vogliono più.
E non li vogliono, senatore, perché non riescono a vedere al di là del loro naso: pensiamo ancora di lavorare a “colonìa”, siamo sudditi dentro, peggio, pensiamo ancora di essere furbi, quando fottiamo lo Stato (e la Ue) non ottemperando agli obblighi delle condizionalità (potature, buone pratiche agronomiche) ma incassando i finanziamenti europei e abbandonando le campagne. E pensiamo di essere furbi quando fottiamo lo Stato cercando di raggiungere il tetto del 30% del danno per avere altri indennizzi.
Non capiamo che ci stiamo fottendo da soli, distruggendo il diamante su cui siamo seduti da secoli e che ora pensiamo che sia un pezzo di vetro.
E’ questo che vuole senatore? Creare altri sudditi?
Qua, senatore, prima di ricostruire gli uliveti abbandonati e distrutti, bisogna ricostruire i pugliesi.
La loro identità. Che si sta perdendo. Perché la loro identità affonda le radici nella terra e nella terra rossa e nelle pietre degli uliveti. Se ne rende conto, vero?
Prima hanno (o avete?) colpito al cuore i pugliesi con le politiche industriali della chimica e dell’acciaio dell’Ilva, poi con le politiche energetiche di Cerano, poi delle energie rinnovabili, e poi col miraggio dell’industrializzazione selvaggia del manifatturiero.
Che cosa è rimasto? Brindisi, da bonificare dalla testa ai piedi, e la diossina sui campi di carciofi e sui vigneti, e l’Ilva e la cementificazione selvaggia che ha occultato discariche abusive e tossiche.
“E vigne nnannu llivate e pure u cranu. E ulìe nnerane rimaste, dottoressa, e mò olune nne llevane pure quiddre”.
“Ci hanno tolto le vigne e anche il grano. C’erano rimasti gli uliveti e ora vogliono toglierci anche quelli”.
Queste è la sintesi di tutta la politica agricola degli ultimi 40 anni, fatta da un agricoltore della provincia di Lecce, che è venuto a trovarmi in redazione.
Avrebbe fatto spallucce anche a lui? Dicendo che è complottista?
Perché dunque non dare agli agricoltori pugliesi gli strumenti perché da soli si risollevino? Valorizzando l’olio da olivo secolare, le reti di proprietari di uliveti, nuove e più spinte azioni di marketing perché sia prodotto e venduto olio extravergine e si abbandoni la produzioni di olio lampante, interventi di promozione della cultura dell’ulivo.
E’ necessario aiutare gli agricoltori danneggiati, ma valorizzando la specificità dell’olivicoltura pugliese, che non è quella industriale greca e spagnola e tunisina, ma è legata alla lentezza delle antiche e secolari pratiche agronomiche.
Che autogoal, senatore, chiamare complottista una giornalista d’inchiesta che conosce bene, personalmente, da anni, della quale per anni ha letto il giornale Il Tacco d’Italia dove, proprio per sostenere il giornalismo d’inchiesta, e senza nulla chiedere in cambio, ha acquistato spazi pubblicitari.
Perché non ammettere invece, che la sua visione dell’agricoltura pugliese è troppo miope? Non può fare solo appelli perché si salvino le barbatelle della “sua” Otranto. E’ ancora in tempo, senatore.
Apra lo sguardo.
Il futuro è bio, è dell’agricoltura naturale, perché questa è terra dove si muore di tumore più che nella terra dei fuochi e noi, caro senatore, non vogliamo più ammalarci.
Il turismo pugliese è strettamente connesso a questo modello di vita, che ancora sopravvive e che è apprezzato più dai turisti che da noi: quale turista verrebbe mai a visitare un impianto intensivo d’ulivi resistenti a xylella?
Avrei potuto anch’io liquidarla con una risata e una battuta: la solidità delle fonti documentali su cui si basa l’inchiesta “Xylella report” e, umilmente, la mia storia professionale, me lo consentirebbe.
Ma mi è sembrato più onesto argomentare bene il mio pensiero.
Faccia lo stesso e accetti il confronto franco e aperto.
Se “Xylella report” è stato usato come fonte per il rapporto Eurispes sulle agromafie coordinato da Giancarlo Caselli e se è stato acquisito da due Procure, forse qualcosa da dire sul quel libro, in un po’ più di 140 battute, ci sarà.
Un confronto, facciamolo, un dibattito aperto con tutti: con lo IAMB, con il Basile Caramìa, con il CNR, con i ricercatori italiani e stranieri che stanno sperimentando con successo buone pratiche agronomiche, con gli scienziati e i matematici critici nei confronti del piano Silletti (1 e 2), con il presidente Emiliano, il Ministero, gli uffici regionali: lei, dal momento che il suo partito non ha più l’assessorato regionale all’agricoltura, potrà a pieno titolo organizzarlo ed essere un garante superparte , io moderatrice attiva (non passo la parola ma faccio domande).
Ci sta?
(27 Luglio 2015)