di Marilù Mastrogiovanni
La notizia sulle analisi contraddittorie fatte sugli alberi abbattuti ad Oria il 13 aprile scorso ha provocato reazioni contrastanti.
Nessuna replica dal CNR e dal Basile Caramia, i diretti chiamati in causa.
Il web invece l’ha ripresa, citando sempre la fonte, facendola diventare virale. L’articolo segna, al momento, oltre 8.500 (ottomilacinquecento!) condivisioni sui social network
Diversi quotidiani on line, tra cui l’autorevole quotidianano locale lavocedimanduria.it, diretto da Nazareno di Noi (Corriere del mezzogiorno), l’hanno pubblicata integralmente.
In casi come questi, citare la fonte è dovere deontologico per un giornalista. Ed è proprio il dovere deontologico che mi ha permesso, senza perdere in credibilità, di pubblicarla nei modi e nei termini che erano gli unici possibili: garantendo cioè la segretezza della fonte (cui sono tenuti i giornalisti professionisti, pena anche la radiazione dall’Albo) per tutelare la sua sicurezza.
C’è stato anche chi ha dato la notizia, senza citare la fonte, pubblicando dei falsi virgolettati di presunti ricercatori di un’università toscana. La notizia era troppo ghiotta e non hanno resistito alla tentazione di appropriarsene. Ma era tutto falso. Peccato per l’autorevole quotidiano nazionale che l’ha fatto: ma le bugie hanno le gambe corte, ce le insegnavano da piccoli. Nessuna università toscana ha fatto le analisi su xylella.
I ricercatori non hanno incontrato nessun giornalista né hanno parlato al telefono con nessun giornalista se non la sottoscritta.
Mi hanno consentito di visitare i loro laboratori, mi hanno illustrato tutte le metodiche delle analisi, con il loro permesso ho registrato tutte le conversazioni tra me e loro (conversazioni che conservo) e ho fatto le foto ai risultati delle analisi (che ho pubblicato), eliminando ogni dettaglio che potesse far risalire alla loro identità.
Poiché (ancora) i ricercatori non sono in possesso dell’autorizzazione ministeriale per la manipolazione dei campioni potenzialmente infetti da xylella, vogliono mantenere l’anonimato per non rischiare di perdere il posto di lavoro e per far uscire la notizia hanno “usato” me. Perché? Proprio perché (forse) all’informazione onesta in Italia viene ancora riconosciuto un ruolo “socialmente utile”.
E ai giornalisti onesti (forse) viene riconosciuta quell’autorevolezza che consente loro di dire “garantisco io. Tutto quello che leggete è vero, anche se non vi posso dire chi me l’ha detto”.
Ecco, più o meno è andata così.
Perché preciso tutto questo? Perché sull’affare xylella c’è anche l’ombra della mafia, delle speculazioni edilizie, della truffa alla Ue. Non c’è trasparenza su nulla e l’informazione ha una responsabilità in più: l’onestà a tutti i costi. Sennò a pagare saremo tutti noi, e i nostri figli: la nostra foresta d’ulivi sarà sradicata, il paesaggio devastato, il turismo e il settore enogastronomico in ginocchio.
Qua, le chiacchere, stanno a zero.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ci sono delle analisi fatte con i sacri crismi, che danno risultati controversi, ma restituiscono un’unica inquietante certezza:
i campioni prelevati da alcune fronde di tre dei cinque alberi abbattuti ad Oria il 13 aprile sono risultati negativi al test della xylella.
i campioni prelevati da alcune fronde di tre dei cinque alberi abbattuti ad Oria il 13 aprile sono risultati negativi al test della xylella.
Dunque significa che trovare la presenza del batterio in una fronda non vuol dire che
tutto l’albero sia malato. Viceversa non trovare il batterio in una fronda
non vuol dire che tutto l’albero sia sano.
tutto l’albero sia malato. Viceversa non trovare il batterio in una fronda
non vuol dire che tutto l’albero sia sano.
Tutto il resto è contorno e le polemiche si riducono a pettegolezzi.
Spetta ora alle Procure fare le verifiche sulle analisi “ufficiali”.
Noi (giornalisti, cittadini attivi, ricercatori) abbiamo fatto tutti (forse) il nostro dovere.
(9 luglio 2015)